La presentazione di questo libro, oltre alla sua lettura, è certamente da raccomandare.
L'approccio storico del testo ha il pregio di sintetizzare, con un linguaggio semplice, gli ultimi decenni di studi internazionali sull'epoca nella quale è vissuto Gesù e Paolo, le molte tensioni teologiche di quel mondo nelle quali ci sono le radici di quello che sarà poi il cristianesimo e, il conoscerle, rende più consapevoli nella nostra fede, capaci di comprenderla, di viverla coscientemente.
Paolo (come Gesù) nacque, visse e morì ebreo. Non ha mai abbandonato l'ebraismo, non ha mai rigettato la Torah. Non si è mai "convertito". Pinchas Lapide ha già detto la nuda verità: "Paolo non si fece cristiano, poiché a quei tempi non c'erano cristiani". Il cristianesimo era un movimento messianico e apocalittico all'interno del giudaismo, non (ancora) una religione separata. Comunque la si voglia intendere, la teologia messianica e apocalittica di Paolo deve essere spiegata all'interno della grande diversità del pensiero giudaico del Secondo Tempio.
L'edizione in italiano di questo testo è un grande dono perché la ricerca internazionale si svolge e pubblica quasi unicamente in lingua inglese.
Il link dove seguire la presentazione lunedì 14 marzo alle ore 18.00 è il seguente:
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