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Ma, a me, chi mi ama?

«Ricordati che polvere sei e polvere ritornerai», così si è aperto il periodo dell’anno in cui ci troviamo, la Quaresima, i quaranta giorni che culminano nella Pasqua, la Resurrezione. Credenti o meno, in questo cammino c’è la verità di come la vita avanza: morti e resurrezioni continue. 


È infatti grazie alle prime tombe che nel Paleolitico compare qualcosa di «nuovo». L’archeologia e l’antropologia quando scoprono un animale che restituisce la polvere alla polvere, componendola «con cura» (inumare, da in più humus, terra, significa infatti in-terrare), sono costrette a dire «qui c’è l’uomo», un animale per il quale la polvere non è solo polvere. Proust lo dice così in Alla ricerca del tempo perduto: «I miei ricordi, i miei difetti, il mio carattere non si rassegnavano all’idea di non esistere più e non volevano saperne, per me, né del nulla, né di un’eternità da cui rimanessero esclusi». Sono nulla o vita eterna già adesso? Questa domanda ci raggiunge in momenti drammatici, quando, spogliati dalle certezze delle abitudini quotidiane e dalle maschere dei ruoli che ci rendono riconoscibili agli altri, siamo nudi di fronte al destino. Non dimenticherò mai il momento in cui ho toccato questa dolorosa nudità in una persona: un pianto disperato al telefono, nel cuore della notte, mi portò a rivestirmi e a uscire, per abbracciare un corpo che, scosso dai singhiozzi, ripeteva: «Ma a me chi mi ama?». La polvere ha paura di essere solo polvere. Ma è anche altro?


L'intera riflessione di Alessandro D'Avenia a questo link:

https://www.profduepuntozero.it/2022/03/29/ultimo-banco-115-ma-a-me-chi-mi-ama/



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