Caro Blog,
in merito al dibattito che si sta volgendo in Italia sul “fine vita”, colgo l’occasione per suggerire di ascoltare due conferenze in Youtube. La prima è di Barbero su Madre Teresa la seconda è di Elena Pulcini: “Prendersi cura: per amore o per dovere?”.
Madre Teresa si prendeva cura dei moribondi senza somministrare o far somministrare cure palliative. L’etica che vorrebbe imporre chi pensa in un certo modo alle cure di fine vita, pecca del difetto che in altre occasioni i credenti rimproverano al mondo cosiddetto ricco: non c’è limite al consumo di risorse e si fa finta di non vedere che così le si sottraggono ad altri.
Sembra che nei paesi occidentali la spesa sanitaria possa essere illimitata: chi è in coma irreversibile da dieci anni ha beneficiato (si fa per dire) di risorse ingenti. La vita è certo un bene incommensurabile e, quindi, è vile far notare che la coperta è corta. Ma è altrettanto vero che noi siamo una cosa, i moribondi di Madre Teresa un’altra; noi possiamo “permetterci” di medicalizzarci ad libitum mantenendoci anche in una situazione puramente vegetativa, quegli altri no.
Il covid-19 almeno questo lo ha insegnato: se non c’è ossigeno per tutti bisogna decidere a chi darlo e a chi no. È implicito che nel mondo povero il limite alla spesa sanitaria è un problema drammatico e non è onesto, che a volte si rimproveri e a volte si prescriva ai paesi avanzati di non fissare un limite ai propri consumi.
La Pulcini fa notare che prendersi cura appartiene alla sfera del privato, dell’intimo, ci sono dei soggetti: il malato, il personale sanitario, i familiari, ma anche chiunque si senta toccato nel proprio intimo. Avvocati e teologi agiscono nella sfera pubblica, si incaricano di normare, condannare, appellarsi a leggi generali scritte una volta per tutte, valide per tutti. Solo apparentemente fanno appello alle coscienze, in realtà le ignorano e così cercano di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati (contraccezione, aborto, divorzio etc…).
A me urta la pubblicità della Chiesa Cattolica, tira su soldi ma offre allo sguardo la recita di derelitti che, esibendo visi segnati dalla povertà, sono indotti a recitare la gratitudine dei semplici. Parlare della sfera intima degli ultimi significa valorizzarne i sentimenti, le emozioni, interrogarsi in ogni circostanza sulla propria vocazione, vivere senza costrizioni, conflitti e contraddizioni. Tra gli ultimi io annovero anche chi è in coma permanente, i malati terminali e tutti quelli che sono tenuti in vita grazie alle macchine e ad una medicalizzazione forzata. Si vorrebbe abolire conflitti e contraddizioni con norme certe, che non solo non fanno maturare la coscienza, ma la esautorano da un compito spesso doloroso, ma ineludibile.
Cristina
Cristina, innanzitutto grazie del contributo e della segnalazione dei due interventi su Youtube (le tue due indicazioni sono dei link). Il tema che poni tocca un argomento sensibile che, fino ad oggi, non ha avuto quell’intervento legislativo sollecitato dalla Corte.
È particolarmente interessante l’intervento della Pulcini che fa notare come nel nostro “primo” mondo la cura sia stata sostituita quasi totalmente dalla medicalizzazione. Spesso questa è diventata una prassi che non lascia andare chi non ha nessuna aspettativa di vita. In questi ultimi anni ho avuto due amicizie portate d’urgenza al Pronto Soccorso e da qui in Terapia Intensiva che ha provveduto a “stabilizzarle” per riconsegnarle alle rispettive famiglie in un coma vegetativo permanente che si è trascinato per anni a costi non indifferenti per la società e, per i loro affetti, anche dal punto di vista emotivo e relazionale non facili da gestire tanto che una di questi un giorno ha fatto su di un social-media questo straziante post: “Un altro anno con te ma senza di te”.
È vero che molto più umano e necessario sarebbe riprendere un atteggiamento di cura rispetto ad una medicalizzazione dissennata. In fin dei conti anche Madre Teresa negli anni ha avuto molti soldi a disposizione e avrebbe potuto iniziare a “medicalizzare” senza fatica i suoi poveri. Non lo ha fatto proprio perché la sua scelta è stata quella della cura e dell’accompagnamento alla e nella morte.
Il dibattito sul “fine vita” sta crescendo e già anche su questo Blog ci sono stati dei post che lo hanno sottolineato. Di seguito si aggiungono un’altra serie di interventi sperando di poter aiutare, chi lo desidera, a far maturare in merito la propria coscienza come tu sottolineavi in chiusura del tuo intervento per il quale ancora ti ringraziamo.
(BiGio)
L’ASL delle Marche autorizza il primo suicidio assistito in Italia
Il comitato etico della ASL delle Marche ha autorizzato il suicidio assistito di un paziente tetraplegico, immobilizzato da 10 anni e in condizioni irreversibili, che da oltre un anno aveva chiesto all’azienda ospedaliera marchigiana che venissero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere legalmente al suicidio assistito. È la prima volta che in Italia una ASL autorizza il suicidio assistito applicando quanto previsto dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 secondo la quale il suicidio assistito non è punibile qualora il paziente sia «tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale», sia «affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili» e sia «pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli». La Corte Costituzionale si era espressa sul caso di Marco Cappato che aveva accompagnato a morire tramite una procedura di suicidio assistito in una clinica svizzera Fabiano Antoniani, conosciuto come dj Fabo, rimasto paralizzato e cieco dopo un incidente.
· Eutanasia legale: “Sono malata di sclerosi multipla grave. Voglio ancora vivere, ma voglio anche sapere di poter morire”
Lettera “Samaritanus bonus” della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/09/22/0476/01077.html
“Ciò che non muore e ciò che può morire”: eutanasia, buona morte, diritto di vivere e diritto di morire di Andrea Grillo
L’autore esamina brevemente la struttura della lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede “Samaritanus bonus”per poi porre alcune osservazioni, di carattere sistematico, su una questione fondamentale. Si tratta di coniugare i principi di civiltà con un contesto di circostanze in larga parte nuove, che possono smentire ogni principio o permettere di applicarne la forza con nuovo e particolare discernimento
Donare la morte in omaggio alla vita di Massimo Recalcati in la Repubblica del 29 novembre 2021
Non è qui in gioco la morte come semplice soppressione della vita o, peggio, come selezione della vita, ma come dono di chi riconosce che morire quando la vita è al muro, senza speranze, sommersa dalla sofferenza, è una liberazione che salvaguarda la stessa dignità umana della vita. Se il dono della vita è il dono di una avventura possibile, quello della morte può essere il dono che riconosce la resa della vita di fronte all'impossibile.
Una scelta da rispettare di Enzo Bianchi in la Repubblica del 29 novembre 2021
Non contrapponiamoci sempre con toni perentori che non lasciano posto all'ascolto, alla riflessione, alla pietà. Lo sappiamo: tutti noi vogliamo vivere, ma anche vivere la propria morte.
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