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"Ero cras, domani verrò", ovvero: il Messia è vicino! - 19 dicembre

La Novena di Natale, occasione di preghiera attraverso le sue Antifone Maggiori 


Le Antifone Maggiori dell’Avvento (o anche Antifone O, perché cominciano tutte con “O”) sono sette antifone latine proprie della Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano. Vengono cantate come antifone del Magnificat nei vespri, e come versetto del Vangelo, dal 17 al 23 dicembre. 
Una curiosità: la prima lettera della parola latina che segue, avvicinata incominciando dall’ultima, dà l’acrostico “Ero cras (= domani verrò)”: il Messia è vicino!


Giorno per giorno pubblicheremo le antifone con un breve commento da Vita Diocesana Pinerolense 

Vieni
Questa parola è presente in tutte e sette le antifone, è il grande grido che la Chiesa, il mondo, eleva: Vieni Signore Gesù! «Tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto» (Salmo 22,20).
Vieni Signore Gesù e insegnaci la via della prudenza. «La Prudenza dirige le altre virtù indicando loro regola e misura». (CCC 1806). Questa virtù ci insegna il lavoro di Dio: disporre con soavità e forza, la nostra vita, la nostra famiglia, e portare la Sua Presenza là dove maggiormente è sconosciuto.


19 dicembre


O Radix Iesse, qui stas in ilgnum populorum,          
super quem continebunt reges os suum, quenz gentes deprecabuntur: 

veni ad liberandum nos, iam noli tardare. 

 

O Germoglio di lesse, che ti innalzi come segno per i popoli, 

tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t'invocano: 

vieni a liberarci, non tardare. 

 

Se l’antifona di ieri aveva un’ispirazione militare, quella di oggi si fa notare per la sua indole politica. Tutta l’antifona si rifà a tre versetti del profeta Isaia:   
• “In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli” (Is 11,10).
• “I re davanti a lui si chiuderanno la bocca” (Is 52,15).       
• “Quando invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li libererà” (Is 19,20).
Gesù è definito la radice di Iesse; costui è il padre del Re Davide, qui citato per dirci che Gesù è uno di noi, fa parte della nostra famiglia; prima ancora di nascere a Betlemme era già dei nostri. La radice dà forza, stabilità ed energia a tutto il vegetale; è la parte nascosta, spesso ignorata, che affonda nella terra, e grazie alla sua collocazione assolve magnificamente il suo compito, trasformando i sali minerali in linfa vitale.     
C’è un problema: la radice, così nascosta, come può essere un vessillo, visibile a tutti? Gesù è nato nella povertà più totale in una stalla, ha vissuto umilmente guadagnandosi il pane, ha sofferto tremendamente ed è stato ucciso. La sua sofferenza e il suo nascondimento, proprio come la radice, fanno nascere la vita, la gioia, la salvezza, tanto da diventare vessillo (riferimento) per tutti.
I re davanti a Lui non saranno più tali: la potenza umana, la nobiltà, è superata, annullata, dalla potenza di Cristo Re e Signore, e tutti, re e principi compresi, non avranno più argomenti davanti a Lui. Tacere e adorare sono due verbi che vanno a braccetto, per riconoscere che Gesù è il Signore.
VIENI! Continua a elevarsi questo grido forte e accorato: vieni a liberarci Signore, vieni a spodestare i regni che ci tiranneggiano, vieni a essere l’Amato e l’Amore del nostro cuore!
Il bimbo di Maria sta per giungere, e se lo vogliamo, il nostro cuore sarà il suo trono, la sua culla…



18 dicembre


O Adonai, dux domus Israel,
qui Moysi in igne flammae rubi apparisti, et in Sina legem dedisti: 

veni ad redimendum nos in brachio extento. 

 

O Signore, guida della casa d'Israele,
che sei apparso a Mosè nel fuoco di fiamma del roveto e sul monte Sinai gli hai dato la legge: 

vieni a liberarci con braccio potente. 

 

Continuiamo il nostro cammino verso Betlemme! Oggi preghiamo la seconda antifona, e notiamo subito i due argomenti in essa contenuti: l’argomento umano, d’ispirazione militare (Signore, condottiero, potenza), e l’argomento divino, spirituale (Mosè, fiamma, redenzione). La mia vita si snoda tra questi due poli: da una parte me stesso, con tutte le mie esperienze, esigenze, limitazioni, pregi e difetti; dall’altra il divino, i valori universali, la perfezione… in una parola: Dio. Il Natale possiamo definirlo come Dio che entra in quanto creatura nel mondo. È l’incontro di questi due poli spesso contrapposti, è l’Amore di Dio che si fa nostro vicino di casa, e ci dice: “Non temere, non sei solo/a”.

Mosè rappresenta l’alleanza che Dio ha stretto con l’uomo, e ci ricorda la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Viene richiamato in quest’antifona per chiedere al Signore la liberazione e la redenzione. Come gli Israeliti anche noi siamo schiavi, non degli Egiziani, ma di noi stessi, delle nostre sovrastrutture, di tutto ciò che in qualche maniera ci blocca e ci deturpa.
Proprio per questo, VIENI Signore a liberarci, vieni a donarci la tua vita, e davanti a Te, bimbo in fasce, riconosceremo e contempleremo tutto l’Amore di Dio per noi. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4,9.)


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17 dicembre


O Sapientia, quae ex ore Altissimi prodiisti, 
attingens a fine usque ad finem fortiter suaviterque disponens omnia: 

veni ad docendum nos viam prudentiae. 

 

O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,      
ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza, 

vieni, insegnaci la via della saggezza. 

 

Se volessimo raffigurare questa prima antifona maggiore dell’Avvento, potremmo creare una vignetta di Dio Padre e sul fumetto una parola: Gesù! È Lui la Sapienza che esce dalla bocca di Dio. San Giovanni della Croce, mistico carmelitano del 1500 scrive: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola» (Salita al Monte Carmelo, II, 22).

Questa Parola, il Verbo uscito dalle labbra e dal cuore del Padre, ha raggiunto ogni angolo del mondo, anche il più buio e lontano (la lontananza è una categoria che il Signore proprio non conosce, e meno male!) Una volta raggiunto e scovato ogni angolo, ogni individuo, tutto dispone con soavità e forza: disporre significa fare ordine, pulire, sistemare, ridimensionare; con soavità, con dolcezza, ma anche con forza e determinazione. Dio si è specializzato nell’arte di saper fondere realtà e atteggiamenti contrapposti, in un equilibrio meraviglioso.        

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