La Novena di Natale, occasione di preghiera attraverso le sue Antifone Maggiori
Giorno per giorno pubblicheremo le antifone con un breve commento da Vita Diocesana Pinerolense
19 dicembre
veni ad liberandum nos, iam noli tardare.
O Germoglio di lesse, che ti innalzi come segno per i popoli,
tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t'invocano:
vieni a liberarci, non tardare.
Se l’antifona di ieri aveva un’ispirazione militare, quella di oggi si fa notare per la sua indole politica. Tutta l’antifona si rifà a tre versetti del profeta Isaia:
• “In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli” (Is 11,10).
• “I re davanti a lui si chiuderanno la bocca” (Is 52,15).
• “Quando invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li libererà” (Is 19,20).
Gesù è definito la radice di Iesse; costui è il padre del Re Davide, qui citato per dirci che Gesù è uno di noi, fa parte della nostra famiglia; prima ancora di nascere a Betlemme era già dei nostri. La radice dà forza, stabilità ed energia a tutto il vegetale; è la parte nascosta, spesso ignorata, che affonda nella terra, e grazie alla sua collocazione assolve magnificamente il suo compito, trasformando i sali minerali in linfa vitale.
C’è un problema: la radice, così nascosta, come può essere un vessillo, visibile a tutti? Gesù è nato nella povertà più totale in una stalla, ha vissuto umilmente guadagnandosi il pane, ha sofferto tremendamente ed è stato ucciso. La sua sofferenza e il suo nascondimento, proprio come la radice, fanno nascere la vita, la gioia, la salvezza, tanto da diventare vessillo (riferimento) per tutti.
I re davanti a Lui non saranno più tali: la potenza umana, la nobiltà, è superata, annullata, dalla potenza di Cristo Re e Signore, e tutti, re e principi compresi, non avranno più argomenti davanti a Lui. Tacere e adorare sono due verbi che vanno a braccetto, per riconoscere che Gesù è il Signore.
VIENI! Continua a elevarsi questo grido forte e accorato: vieni a liberarci Signore, vieni a spodestare i regni che ci tiranneggiano, vieni a essere l’Amato e l’Amore del nostro cuore!
Il bimbo di Maria sta per giungere, e se lo vogliamo, il nostro cuore sarà il suo trono, la sua culla…
18 dicembre
veni ad redimendum nos in brachio extento.
vieni a liberarci con braccio potente.
Continuiamo il nostro cammino verso Betlemme! Oggi preghiamo la seconda antifona, e notiamo subito i due argomenti in essa contenuti: l’argomento umano, d’ispirazione militare (Signore, condottiero, potenza), e l’argomento divino, spirituale (Mosè, fiamma, redenzione). La mia vita si snoda tra questi due poli: da una parte me stesso, con tutte le mie esperienze, esigenze, limitazioni, pregi e difetti; dall’altra il divino, i valori universali, la perfezione… in una parola: Dio. Il Natale possiamo definirlo come Dio che entra in quanto creatura nel mondo. È l’incontro di questi due poli spesso contrapposti, è l’Amore di Dio che si fa nostro vicino di casa, e ci dice: “Non temere, non sei solo/a”.
Mosè rappresenta l’alleanza che Dio ha stretto con l’uomo, e ci ricorda la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Viene richiamato in quest’antifona per chiedere al Signore la liberazione e la redenzione. Come gli Israeliti anche noi siamo schiavi, non degli Egiziani, ma di noi stessi, delle nostre sovrastrutture, di tutto ciò che in qualche maniera ci blocca e ci deturpa.
Proprio per questo, VIENI Signore a liberarci, vieni a donarci la tua vita, e davanti a Te, bimbo in fasce, riconosceremo e contempleremo tutto l’Amore di Dio per noi. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4,9.)
17 dicembre
veni ad docendum nos viam prudentiae.
vieni, insegnaci la via della saggezza.
Se volessimo raffigurare questa prima antifona maggiore dell’Avvento, potremmo creare una vignetta di Dio Padre e sul fumetto una parola: Gesù! È Lui la Sapienza che esce dalla bocca di Dio. San Giovanni della Croce, mistico carmelitano del 1500 scrive: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola» (Salita al Monte Carmelo, II, 22).
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