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Panegirico per Papa Francesco, 85 anni di saggezza e «cattiveria» buona

di Alessandro Torcino in Avvenire

Il Papa ha compiuto 85 anni. Non si tenterà qui un bilancio del suo Pontificato, perché è prematuro e perché è un compito che va al di là delle nostre forze e competenze. Né si rivolgerà un omaggio mellifluo e cerimonioso, di quelli che non mancheranno in queste ore. Perché questo Papa, così diretto, così umano, così rivoluzionario, non lo merita. Proveremo solo a ricordare alcune delle cose dette e fatte in questi ultimi mesi, che a vederle in sequenza sorprendono. Perché, come dice Antonio Spadaro, direttore della Civiltà cattolica, il pontefice «ha una visione della Chiesa, soprattutto in questi ultimi tempi, molto aperta sul mondo, capace di ascoltare le domande che vengono dalla realtà e quindi di svolgere un ruolo al servizio dell’umanità intera». 
«Aperto sul mondo». Papa Francesco ha spesso evocato la teologia del popolo, dove il termine popolo «non indica una categoria logica, ma mitica. Per capire il popolo bisogna starci immersi, accompagnarlo dall’interno». Abituati a certi lussi e certe ipocrisie curiali, papa Bergoglio svetta come un gigante, capace di una visione umana e anche politica che molti leader hanno perso. Per la seconda volta in cinque anni, pochi giorni fa è andato a Lesbo, a confortare i profughi e soprattutto a lanciare j’accuse circostanziati: «Chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna - portano a conseguenze disastrose. È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, fili spinati. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte». 
Durante la giornata mondiale della gioventù, a novembre, fa un discorso ai giovani inimmaginabile fino a pochi anni fa. Li invita ad andare «controcorrente»: «Non contro qualcuno, che è la tentazione di ogni giorno di vittimisti e complottisti». Il mondo - spiega - «non ha bisogno di chi sta un po’ a destra e un po’ a sinistra dopo aver fiutato cosa conviene. No, cari giovani: siate liberi, autentici. Abbiate la passione della verità, perché con i vostri sogni possiate dire: la mia vita non è schiava delle logiche di questo mondo». 
Non è retorica, ma un approccio alla vita «senza scorciatoie, senza falsità, senza doppiezze, senza equilibrismi». Lo stesso che lo porta a intervenire dopo gli arresti del prefetto Michele Di Bari: «Quanti braccianti sono usati per la raccolta dei frutti o delle verdure e poi pagati miserabilmente e cacciati via, senza alcuna protezione sociale?».
Bergoglio è pur sempre un Pontefice e dunque difficilmente potremmo aspettarci parole diverse da quelle, che non condividiamo, su aborto ed eutanasia. Ma molti passi avanti sono stati fatti sull’etica pubblica, al punto da sembrare persino più moderno di tanti oscurantismi e moralismi di ritorno. Prendiamo il discorso sull’arcivesco di Parigi, Michel Aupetit, costretto a dimettersi per una relazione con una donna. Il suo discorso ai giornalisti - raccontato sul nostro giornale da Gian Guido Vecchi e commentato da Luigi Accattoli, è da incorniciare: «Io mi domando cosa ha fatto lui di così grave da dover dare le dimissioni. Qualcuno mi risponda, cosa ha fatto? Chi lo ha condannato? L’opinione pubblica, il chiacchiericcio. E’ stata una mancanza di lui contro il sesto comandamento, ma non totale, di piccole carezze e massaggi che faceva alla segretaria, questa l’accusa. Questo è peccato ma non dei più gravi, perché i peccati della carne non sono i più gravi. Quelli più gravi sono quelli che hanno più angelicalità: superbia, odio. Aupetit è peccatore, come lo sono io, come è stato Pietro, il vescovo sul quale Gesù ha fondato la Chiesa. Come mai la comunità di quel tempo aveva accettato un vescovo peccatore? Perché quella era una Chiesa normale, era abituata a sentirsi peccatrice sempre. Si vede che la nostra Chiesa non è abituata ad avere un vescovo peccatore. Ma quando il chiacchiericcio cresce, ti toglie la fama e non si può più governare. Per questo ho accettato le dimissioni, non sull’altare della verità ma sull’altare dell’ipocrisia».
Il Papa ammette la sconfitta, non può ancora andare fino in fondo, abolire l’obbligo di celibato, ma non ci sta a passare sotto silenzio una reazione anacronistica della società. Lui guarda avanti. «Non perché voglio fare la rivoluzione - spiega a settembre - ma perché non voglio andare indietro. Bisogna resistere alla tentazione di un’ideologia che colonizza le menti e guarda al passato per cercare sicurezze». Bello, no? È quello che accade spesso, nelle destre e in certa sinistra, con la ricerca spasmodica del passato e delle tradizioni come eden intangibile e mitico nel quale trovare rifugio. Papa Francesco non accetta l’«ideologia gender», ma spiega che «le coppie in seconda unione non sono condannate all’inferno» e che non bisogna avere paura «della diversità sessuale e delle coppie di omosessuali». Anche nella polemica sul Natale evita i toni di certa destra «patriottica». Spiega che il documento Ue è un anacronismo e che l’Europa deve stare attenta «a non fare strada a delle colonizzazioni ideologiche. Ogni Paese ha la propria peculiarità, ma ogni Paese è aperto agli altri. Unione europea: sovranità sua, sovranità dei fratelli in una unità che rispetta la singolarità di ogni Paese». 
Insomma, si può essere in disaccordo, e su molti temi è normale che un laico non abbia le stesse idee della Chiesa, ma papa Francesco ha fatto passi da gigante, conquistandosi molti nemici dentro il corpo più tradizionalista e antiquato del Vaticano. A settembre, in Slovacchia, dopo le voci di dimissioni per motivi di salute, scherzò: «Sono ancora vivo, nonostante alcuni mi volessero morto. Alcuni stavano già preparando il Conclave. Pazienza!». Noi stiamo con Carlo Verdelli, che twitta: «Non è un Papa buono, Francesco. Anzi è un Papa duro con i duri di cuore. Sempre di più, con sempre più forza. Si può non credere in Dio ma credere in luiGrazie e buon compleanno (85!) a un buon pastore».

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