e-mail della Parrocchia: ss.risurrezione@patriarcatovenezia.it - Telefono e Fax: 041-929216 - ........................................................................... e-mail del Blog: parrocchiarisurrezionemarghera@gmail.com

IV Avvento – Lc 1,39-48

 Se guardiamo a Dio e al suo modo d’essere e di agire non possiamo non rallegrarci e gioire anche noi perché sceglie di esserci presente attraverso le piccolezze di personaggi sconosciuti che vivono in luoghi, realtà e modi improbabili o apparentemente insignificanti. Non si affianca all’autorità, ai notabili, a chi detiene il potere bensì, per esempio, nell’impossibile di una anziana sterile e di una fanciulla che non ha ancora conosciuto uomo ... su queste piccolezze Dio posa lo sguardo e si fa vicino … noi dove posiamo lo sguardo? a chi ci facciamo vicini? Maria è andata dalla sua parente ...



 

La prima domenica di questo Avvento, di fronte alle continue realtà difficili che siamo chiamati a vivere, ci sollecitava a non rimanere atterriti, spaventati, demotivati, ma ad avere il coraggio di risollevarci, di alzare il capo, di guardare in faccia la realtà e a sfidarla. 

La seconda domenica hanno fatto risuonare un grido: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". Era il Battista che indicava che il Signore verrà in ogni caso, ma chiede agli uomini di collaborare invitando, netta terza domenica, a comprendere che cosa si debba fare e, nella sua risposta, Giovanni chiedeva di avere la capacità di condividere quello che si è e i propri beni, nell’essere corretti e giusti, nel non cadere mai nell’abuso di potere fino a sopraffare, a usare l’altro ai propri fini. Se l’uomo realizzerà questo, Dio “Esulterà, si rallegrerà, griderà di gioia per te” perché “con il tuo agire mi fai felice! Tu uomo, tu donna, sei la mia festa!”. Questo risuonava nella terza domenica.

Luca non è un cronista: la sua è l’opera di un teologo, non ha alcun interesse agiografico perciò quando inizia la pagina evangelica proclamata nella quarta Domenica di Avvento con un In quei giorni”, non lo fa, così, tanto per iniziare un racconto, non ha un significato generico, bensì desidera dirci che gli “ultimi tempi” stanno iniziando anzi, sono già iniziati. 

Il primo evento in questa realtà riguarda Maria che ha appena ricevuto due annunci non richiesti che riguardano due maternità: la sua e, l’altra, quella di Elisabetta, una sua anziana parente. Non aspetta un momento, si mette in viaggio e “in fretta” va a trovarla. Quando Dio rende partecipi di un evento, è necessario andare a vederlo con la medesima urgenza che più avanti Luca segnalerà anche nei pastori che si recheranno alla grotta a vedere il neonato Gesù. È un atto di “obbedienza” a Dio perché, ogni suo “annuncio”, è anche un invito a prenderne coscienza verificandolo di persona.

Questo sta anche nella nostra semplice esperienza umana attraverso la quale il Signore si fa presente. Non è forse vero che, quando si apprende una notizia gioiosa saltiamo letteralmente sulla sedia, difficilmente controlliamo l’impulso di comunicarla e, se possibile, di incontrarsi per condividerla in un momento di festa? Se riguarda un amico, non prendiamo forse subito in mano il telefono almeno per mandare un WhatsApp di congratulazioni e, appena possibile, ci rechiamo da lui per partecipare nella gioia, alla sua felicità? Questo ha fatto Maria e Luca utilizza per descriverlo quattro verbi: camminare, incontrarsi, annunciare, rallegrarsi.

Cammina: “si mise in viaggio verso la montagna”, sale verso la Giudea. La pericope proclamata omette però un verbo che è importante. Il versetto 39 dice: “Maria si alzò e si mise in viaggio”. C’è un movimento dal basso verso l’alto e quel verbo greco è il medesimo usato per la resurrezione che riecheggerà anche più avanti quando nel Magnificat Maria esclamerà “ha innalzato gli umili”.

Incontra poi Elisabetta. L’intenzione di Luca non è quello di raccontare l’incontro tra le due future mamme, bensì quello di due bimbi ancora nel loro grembo. Giovanni “sussulta” e lo Spirito Santo cade” (come avverrà più avanti “cadrà la Parola” su suo figlio) su Elisabetta avvolgendola tutta e benedice Maria non per sé stessa, quanto per il figlio che porta in grembo.

A questo punto Luca ci annuncia e ci fa capire che Maria è quell’Arca dell’Alleanza persa al tempo della distruzione di Gerusalemme e che una tradizione afferma riapparirà con la venuta dell’era messianica (2Mac 2,1-8). Questo spiega perché Giovanni salta e danza di gioia nel grembo di Elisabetta, come Davide fece davanti all’Arca del Signore (2Sam 6,14). Maria è l’Arca e il bimbo che porta è il Signore.

Elisabetta chiude il suo saluto con un “beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” ma che può anche essere tradotto diversamente: “beata perché ha creduto ...”È importante notare che in questo modo la frase conclusiva prende un maggiore significato perché Luca così utilizza la medesima struttura delle Beatitudini (“Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio).

Maria diventa allora l’immagine del credente del discepolo di Gesù che è “beato” perché sta dietro a lui e al quale viene fatta la promessa che tutte le Parole del Signore si compiranno e sarà una sorpresa della quale gioire e rallegrarsi perché sarà un’inaspettata opera sua.

La liturgia di Avvento di quest’anno liturgico ci ha inviato a non rassegnarci, ad alzare il capo, a incoraggiarcia indicareche il Signore verrà, ci ha chiesto di comprendere cosa fare e a capire che il Signore si rallegra fino a saltare e a gridare di gioia per questo nostro modo di fare.

Se guardiamo a Lui e al suo modo d’essere e di agire non possiamo non rallegrarci e gioire anche noi perché sceglie di essere presente nella nostra realtà in personaggi sconosciuti che vivono in luoghi, realtà e modi improbabili o apparentemente insignificanti. Non si affianca all’autorità, ai notabili, a chi detiene il potere bensì, per esempio, nell’impossibile di una anziana sterile e di una fanciulla che non ha ancora conosciuto uomo, come anche a bambini venduti come schiavi (Giuseppe), a pastori di capre balbuzienti oramai anziani (Mosè), ad adolescenti nei campi con le pecore (Davide) e a chi si ritiene troppo giovane e inadeguato (Geremia) dice di Non aver paura perché io sono con te!”.

Su queste piccolezze Dio posa lo sguardo e si fa vicino … io, noi dove posiamo lo sguardo? Come ci facciamo vicini? I marginali, gli esclusi, i migranti, gli invisibili, i deboli, gli anziani, gli smarriti di cuore in questa pandemia che stiamo comprendendo diventerà endemica, li incontriamo quotidianamente. Che il Natale oramai alle porte ci doni la possibilità di rallegrarci nel dire: nella mia piccolezza, con quel poco che riesco a fare, posso a far percepire quel io sono con te … ti sono e ti rimango vicino comunque” che è la base dell’essere e del rimanere umani. In fin dei conti non si tratta e non ci è chiesto di essere “creativi”, inventarci o fare chissà che cosa, ma nel saper dire “in quello che sono, in quel poco che sono, qualcosa lo posso fare anch’io per manifestare la presenza misericordiosa di Dio”.

(BiGio)

Nessun commento:

Posta un commento