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"Ero cras, domani verrò", ovvero: il Messia è vicino! - 24 dicembre

La Novena di Natale, occasione di preghiera attraverso le sue Antifone Maggiori  


Le Antifone Maggiori dell’Avvento (o anche Antifone O, perché cominciano tutte con “O”) sono sette antifone latine proprie della Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano. Vengono cantate come antifone del Magnificat nei vespri, e come versetto del Vangelo, dal 17 al 23 dicembre. 

Una curiosità: la prima lettera della parola latina che segue, avvicinata incominciando dall’ultima, dà l’acrostico “Ero cras (= domani verrò)”: il Messia è vicino!


Giorno per giorno pubblicheremo le antifone con un breve commento da Vita Diocesana Pinerolense 

Vieni
Questa parola è presente in tutte e sette le antifone, è il grande grido che la Chiesa, il mondo, eleva: Vieni Signore Gesù! «Tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto» (Salmo 22,20).
Vieni Signore Gesù e insegnaci la via della prudenza. «La Prudenza dirige le altre virtù indicando loro regola e misura». (CCC 1806). Questa virtù ci insegna il lavoro di Dio: disporre con soavità e forza, la nostra vita, la nostra famiglia, e portare la Sua Presenza là dove maggiormente è sconosciuto.


24 dicembre


Ultimo giorno della Novena! Per nove giorni abbiamo riflettuto e preparato il nostro cuore all’arrivo del Bambino Gesù. Come dicevamo all’inizio, la prima lettera della parola latina di ogni antifona, avvicinata incominciando dall’ultima, dà l’acrostico “Ero cras” (domani verrò). È una profezia last minute, e ad annunciarla è Gesù stesso! Dopo secoli di profezie che annunciavano il Messia (Isaia e tutti gli altri profeti della Bibbia), oggi, a poche ore dalla nascita, ci giunge l’ultimo annuncio, come a dire di non temere, perché la salvezza sta arrivando. Immaginiamo di aspettare qualcuno alla stazione, una persona cara, e questa ci invia un sms: “Arrivo tra 5 minuti”… che facciamo? Ci avviciniamo al binario, già pregustiamo l’abbraccio affettuoso, i baci, la gioia di ritrovarci, magari dopo tanto tempo. Oggi vogliamo vivere questa situazione: “Certo verrà e non tarderà” (Ab 2,3). È pure in perfetto orario… Prima di una grande festa, di un grande incontro, c’è sempre una grande preparazione.
Teniamocelo stretto questo sms di Gesù; nei momenti difficili della vita, quando tutto crolla dentro e fuori di noi, apriamolo e leggiamo: “Domani arrivo!” e pur tra le lacrime, rinascerà in noi quella speranza, quella gioia profonda che non fa rumore, e che ci rimette in piedi.
Eccolo, sta arrivando, corrigli incontro! Aprigli la porta!




23 dicembre


O Emmanuel, rex et legifer noster, exspectatio gentium et salvator earum:           
veni ad salvandum nos, Domine Deus noster. 

 

O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli. 

vieni a salvarci; o Signore nostro Dio. 


Siamo giunti all’ultima delle sette antifone maggiori dell’Avvento! Dopo i vari titoli con i quali abbiamo invocato il Signore, oggi giungiamo al suo Nome. Nella cultura ebraica, e quindi biblica, il nome indica l’essenza della persona: il nome è il livello più intimo della persona; gli Ebrei, i nostri fratelli maggiori, ancora oggi non nominano il Nome di Dio, per profondo rispetto e devozione. 
In questi giorni di preparazione al Natale abbiamo fatto un cammino, né lungo né corto, ma spero, profondo. Oggi siamo arrivati al cuore stesso del Signore Gesù. Ci inginocchiamo adorando il Suo Nome che salva, risana, perdona, converte, consola…   
Emmanuele, significa Dio-con-noi, un Dio vicino: “Noi non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.” (Eb 4,15)        
Troviamo ospitalità dentro il suo Nome, dentro il suo cuore, e offriamo noi stessi, così come siamo, senza paura: Dio è Amore, e l’Amore non fa paura. È talmente Amore che ci consegna il suo Nome, la sua essenza, da custodire nei nostri giorni. Diceva un bambino di quattro anni: “Quando qualcuno ti ama, il modo in cui pronuncia il tuo nome, è diverso!” 
VIENI! Vieni Dio-con-noi, perché davvero ti attendiamo, non perché siamo bravi, non perché siamo santi, ma perché Tu sei Amore, Tu sei quel Nome che da’ pace ai nostri giorni e speranza al nostro domani. Vieni Signore Gesù! Donaci oggi la grazia di poter “essere-con”.

“Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” (Is 7,14.)




22 dicembre


O Rex gentium et desideratus earum, 

lapis angularis qui facis utraque unum:       
veni et salva hominem quem de limo formasti. 

 

O Re delle genti, atteso da tutte le nazioni, 

pietra angolare che riunisci i popoli in uno: 

vieni e salva l'uomo che hai formato dalla terra. 

 

L’antifona di oggi ci parla di un re “sospirato”, desiderato, un re che ha il dono dell’unità. L’immagine è quella della pietra angolare, così definita dalla tecnica edilizia: “struttura fondamentale che in una costruzione ha funzione portante”; in altre parole, in un linguaggio accessibile a tutti: se togli la pietra angolare crolla tutto!   
Il re è il riferimento per tutto il popolo, è lui che garantisce l’unità e la solidità della struttura sociale, emanando leggi equilibrate e sagge, garantendo ai suoi sudditi una vita dignitosa. Ecco perché questo re è così sospirato: perché senza di lui non possiamo fare nulla! (cf. Gv 15,5)     
Come abbiamo compreso, il re che porta unità e stabilità è Gesù. Unità sociale, come abbiamo detto: è la Parola del Signore che forma le nostre menti e i nostri cuori, che ci spinge a una vita fondata sui valori. Unità interiore, personale: mente spirito e cuore uniti e concordi.     
VIENI! Vieni Signore Gesù, Re dell’unità, che tutto e tutti attrai in unità! Siamo fatti di terra, poca cosa, ma il tuo soffio vitale ci rende figli amati, sospirati, desiderati. Fa’ che tutta la mia vita sia fondata su di Te, pietra angolare, così che, per Tua grazia, possa essere con tutti i miei fratelli e sorelle nella fede “pietre vive, costruiti come edificio spirituale” (1Pt 2,5).



21 dicembre


O Oriens, splendor lucis aeternae et Sol iustitiae: 

veni et illumina sedentem in tenebris et umbra mortis. 

 

O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, sole di giustizia: 

vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell’ombra di morte. 

 

Manca poco a Natale: l’antifona di oggi se n’è accorta e si è illuminata a festa… astro, splendore, luce, sole!
Gesù è acclamato come Astro che sorge, in latino Oriens, che era il nome dell’antico dio del sole, ma qui ricordato per indicare la vittoria della luce sulle tenebre. Proprio per questo motivo, fin dai primi tempi, i cristiani in preghiera si sono rivolti verso l’Oriente, e tutte le nostre chiese hanno quest’orientamento. L’argomento ci fa venire in mente quel versetto che, se preghiamo la Liturgia delle Ore, incontriamo 365 (o 366) mattine l’anno: “Verrà a visitarci dall`alto un sole che sorge” (Lc 1,78).
Ti ha mai visitato il sole? Normalmente diciamo: “Oggi è una bella giornata di sole”, non abbiamo mai pensato che il sole è sorto per venirci a fare visita, per rallegrare la nostra giornata, per farci uscire e poter contemplare tante cose belle. Gesù viene a farti visita, per farti nuovamente sorridere, per farti uscire dal guscio dei tuoi giorni sempre uguali, e farti vedere, con i suoi occhi, le meraviglie che Lui compie nei cuori di tante persone, oppure per portare il suo amore e la speranza là dove non c’è.
VIENI! Vieni Signore Gesù a illuminare chi è nelle tenebre, e della tua luce ne ha un vitale bisogno! Vieni a illuminare chi si è arreso, e un piccolo spiraglio può infondere nuova vita. Vieni, sole che sorgi, e annienta le ombre minacciose che ci allontanano da te, Luce vera, “quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).



20 dicembre

O Clavis David et sceptrurn domus Israel, 
qui aperas, et nemo claudit; claudas, et nemo aperit:         
veni et educ vinctum de domo carceris, sedentem in tenebris et umbra mortis. 

O Chiave di Davide, scettro della casa d'Israele,      
che apri e nessuno può chiudere, chiudi e nessuno può aprire: 
vieni, libera l'uomo prigioniero che giace nelle tenebre e nel l'ombra di morte. 


Ti è mai accaduto di perdere le chiavi di casa o dell’auto? Spero che tu le abbia ritrovate e senza danni, ma come ti sei sentito in quel momento? E davanti a un problema, magari hai pensato: “Potessi avere la bacchetta magica.” In entrambe le situazioni si vive lo stesso stato d’impotenza: una porta che non si apre, una persona che invece di guarire peggiora, un lavoro che non si trova o che si perde, o mille altre situazioni di difficoltà.       
L’antifona di oggi richiama proprio il limite umano, e invoca una risoluzione. Chiave e scettro: la bacchetta magica, a noi culturalmente più vicina, deriva dallo scettro, simbolo di potenza e forza, usato dai re.         
E poi si sa: chi ha la chiave, la fa da padrone, anzi è padrone. Il concetto espresso è sempre quello, comune un po’ a tutte le sette antifone “O”, si riassume in quel versetto che preghiamo all’inizio del Rosario o della liturgia delle Ore: “O Dio, vieni a salvarmi” (Sal 70,2); dicendolo, prendiamo coscienza della nostra limitatezza e ci affidiamo a chi ha le chiavi in tasca! 
VIENI! Sono rimasto chiuso fuori, non so come fare per rientrare, qui fa freddo, tanto, e desidero il tepore di una casa, di un cuore che mi ama. Vieni Signore Gesù a salvarmi da tutte le chiavi perse, da tutte le bacchette magiche mai avute. Sii Tu il perché del mio vivere e il senso di ogni mio attimo. E io vivrò con Te.


19 dicembre


O Radix Iesse, qui stas in ilgnum populorum,          
super quem continebunt reges os suum, quenz gentes deprecabuntur: 
veni ad liberandum nos, iam noli tardare. 

 

O Germoglio di lesse, che ti innalzi come segno per i popoli, 

tacciono davanti a te i re della terra, e le nazioni t'invocano: 

vieni a liberarci, non tardare. 

 

Se l’antifona di ieri aveva un’ispirazione militare, quella di oggi si fa notare per la sua indole politica. Tutta l’antifona si rifà a tre versetti del profeta Isaia:   
• “In quel giorno avverrà che la radice di Iesse sarà un vessillo per i popoli” (Is 11,10).
• “I re davanti a lui si chiuderanno la bocca” (Is 52,15).       
• “Quando invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li libererà” (Is 19,20).
Gesù è definito la radice di Iesse; costui è il padre del Re Davide, qui citato per dirci che Gesù è uno di noi, fa parte della nostra famiglia; prima ancora di nascere a Betlemme era già dei nostri. La radice dà forza, stabilità ed energia a tutto il vegetale; è la parte nascosta, spesso ignorata, che affonda nella terra, e grazie alla sua collocazione assolve magnificamente il suo compito, trasformando i sali minerali in linfa vitale.     
C’è un problema: la radice, così nascosta, come può essere un vessillo, visibile a tutti? Gesù è nato nella povertà più totale in una stalla, ha vissuto umilmente guadagnandosi il pane, ha sofferto tremendamente ed è stato ucciso. La sua sofferenza e il suo nascondimento, proprio come la radice, fanno nascere la vita, la gioia, la salvezza, tanto da diventare vessillo (riferimento) per tutti.
I re davanti a Lui non saranno più tali: la potenza umana, la nobiltà, è superata, annullata, dalla potenza di Cristo Re e Signore, e tutti, re e principi compresi, non avranno più argomenti davanti a Lui. Tacere e adorare sono due verbi che vanno a braccetto, per riconoscere che Gesù è il Signore.
VIENI! Continua a elevarsi questo grido forte e accorato: vieni a liberarci Signore, vieni a spodestare i regni che ci tiranneggiano, vieni a essere l’Amato e l’Amore del nostro cuore!
Il bimbo di Maria sta per giungere, e se lo vogliamo, il nostro cuore sarà il suo trono, la sua culla…



18 dicembre


O Adonai, dux domus Israel,
qui Moysi in igne flammae rubi apparisti, et in Sina legem dedisti: 
veni ad redimendum nos in brachio extento. 

 

O Signore, guida della casa d'Israele,
che sei apparso a Mosè nel fuoco di fiamma del roveto e sul monte Sinai gli hai dato la legge: 
vieni a liberarci con braccio potente. 

 

Continuiamo il nostro cammino verso Betlemme! Oggi preghiamo la seconda antifona, e notiamo subito i due argomenti in essa contenuti: l’argomento umano, d’ispirazione militare (Signore, condottiero, potenza), e l’argomento divino, spirituale (Mosè, fiamma, redenzione). La mia vita si snoda tra questi due poli: da una parte me stesso, con tutte le mie esperienze, esigenze, limitazioni, pregi e difetti; dall’altra il divino, i valori universali, la perfezione… in una parola: Dio. Il Natale possiamo definirlo come Dio che entra in quanto creatura nel mondo. È l’incontro di questi due poli spesso contrapposti, è l’Amore di Dio che si fa nostro vicino di casa, e ci dice: “Non temere, non sei solo/a”.

Mosè rappresenta l’alleanza che Dio ha stretto con l’uomo, e ci ricorda la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Viene richiamato in quest’antifona per chiedere al Signore la liberazione e la redenzione. Come gli Israeliti anche noi siamo schiavi, non degli Egiziani, ma di noi stessi, delle nostre sovrastrutture, di tutto ciò che in qualche maniera ci blocca e ci deturpa.
Proprio per questo, VIENI Signore a liberarci, vieni a donarci la tua vita, e davanti a Te, bimbo in fasce, riconosceremo e contempleremo tutto l’Amore di Dio per noi. “In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo perché noi avessimo la vita per lui” (1 Gv 4,9.)


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17 dicembre


O Sapientia, quae ex ore Altissimi prodiisti, 
attingens a fine usque ad finem fortiter suaviterque disponens omnia: 
veni ad docendum nos viam prudentiae. 

 

O Sapienza, che esci dalla bocca dell'Altissimo,      
ti estendi ai confini del mondo, e tutto disponi con soavità e con forza, 
vieni, insegnaci la via della saggezza. 

 

Se volessimo raffigurare questa prima antifona maggiore dell’Avvento, potremmo creare una vignetta di Dio Padre e sul fumetto una parola: Gesù! È Lui la Sapienza che esce dalla bocca di Dio. San Giovanni della Croce, mistico carmelitano del 1500 scrive: «Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, Dio ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola» (Salita al Monte Carmelo, II, 22).

Questa Parola, il Verbo uscito dalle labbra e dal cuore del Padre, ha raggiunto ogni angolo del mondo, anche il più buio e lontano (la lontananza è una categoria che il Signore proprio non conosce, e meno male!) Una volta raggiunto e scovato ogni angolo, ogni individuo, tutto dispone con soavità e forza: disporre significa fare ordine, pulire, sistemare, ridimensionare; con soavità, con dolcezza, ma anche con forza e determinazione. Dio si è specializzato nell’arte di saper fondere realtà e atteggiamenti contrapposti, in un equilibrio meraviglioso.        

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