Nel racconto dell’Epifania in Matteo siamo in presenza di un testo ricco di simbologie, di richiami e di prefigurazioni. Tra queste il fatto che i Magi chiedono del “Re dei Giudei”; una simile domanda può essere stata fatta solo da dei pagani: degli israeliti avrebbero detto “Re di Israele”. Matteo desidera così collegare l’infanzia di Gesù alla “causa” del processo e della sua condanna a morte, fatta scrivere anche sul cartiglio posto sopra la croce.
Alla domanda dei Magi, Erode che non è un giudeo ma uno straniero, un idumeo, messo in trono dai romani e chiamato Re della Giudea, non può non allarmarsi e, con lui, “tutta Gerusalemme” intesa come sede dell’establishment politico religioso avverso al Messia. Per rispondere, Erode non si limita a consultare gli scribi su un argomento scritturistico. Convoca una sessione speciale del Sinedrio, “tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo”. Una tale seduta straordinaria è del tutto inverosimile ma, appunto, qui è il processo di Gesù ad essere prefigurato come in filigrana e si concluderà con una condanna a morte. Questa volta dei bambini sotto i due anni.
Un’altra simbologia riguarda la stella. Tutti gli antichi credevano che alla nascita di un uomo se ne accendesse una in cielo; tanto più se questi era un re. Gli stessi israeliti, secondo l’oracolo di un profeta “straniero”, attendevano il Messia come un “astro” che sarebbe sorto da Giacobbe. È la profezia di Baalan in Numeri 24,17 che suona così: “Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele”. Nella traduzione greca dei 70, lo scettro diventa un uomo, Ma soprattutto sono i Targumim aramaici a darci l’interpretazione messianica più esplicita: “Quando il re potente della casa di Giacobbe regnerà, e quando il Messia, lo scettro potente di Israele sarà unto …” quindi la stella non è un astro nel firmamento del cielo, ma l’atteso Messia.
Il racconto dei Magi e la stella prefigurano dunque la vicenda di un Messia Re dei Giudei che, paradossalmente, sarà creduto dai pagani più che dal suo popolo che lo attendeva e al quale era destinato.
Il brano è costruito per evidenziare che ci sono due coordinate che consentono, anche a noi, di individuare il luogo in cui si trova il Messia e, queste, sono la stella e la Scrittura.
La stella rappresenta i segni dei tempi, le occasioni della storia e anche, più banalmente, i casi della vita. È la Parola inscritta nella creazione, il linguaggio silenzioso delle cose. La stella conduce vicino all’evento messianico, ma non raggiunge da sola il bersaglio: occorre anche l’aiuto, la verifica della Scrittura. Infatti, i Magi non salgono direttamente fino a Betlemme, si fermano a Gerusalemme “perché è da Sion che esce la Torah e da Gerusalemme la Parola del Signore” (Is 2,3). Occorre, in altre parole, la mediazione di Israele, a prescindere dalla sua incredulità. Solo nella congiunzione fra la stella apparsa ai pagani e la Parola custodita da Israele è possibile individuare l’evento del Messia. La stella conduce alla Scrittura, e la Scrittura riattiva la stella: insieme conducono al luogo dove si trova l’Emmanuele, il Dio-con-noi. È a quel momento che la stella si ferma, la Parola si fa evento, e noi siamo ricolmi di una grandissima gioia.
Con questo Matteo desidera avvertirci che non basta “possedere” le Scritture (o essere Chiesa) per avere la capacità di riconoscere il Signore; serve la curiosità che fa porre in ricerca. Una ricerca che non può finire mai.
I Magi sono dei pagani, in ricerca, che sanno riconoscere il Figlio di Dio in quel niente che è un neonato povero, generato durante in viaggio difficoltoso. C’è un altro “pagano” al quale riesce la medesima cosa: riconoscere il Figlio di Dio in un uomo che subisce la morte più infamante; il centurione sotto la croce. Che questa sia una “qualità” richiesta, l’essere non credenti?
C’è un’altra cosa da notare nel racconto evangelico di oggi. Matteo usa solo due volte il verbo “precedere”: la stella che “precede” i Magi, i pubblicani e le prostitute che “precederanno” i capi dei sacerdoti e i gli anziani del popolo nel regno dei cieli (Mt 24,31b). Sono identità che non hanno nulla da rivendicare davanti a Dio: hanno tutto da ricevere. Sono queste le realtà che dovremmo considerare quelle stelle capaci di guidarci nella ricerca e nel saper riconoscere quel Signore presente in mezzo a noi. Sempreché si sia capaci di curiosità e non bloccati dalle presunte sicurezze del “possedere” la verità in tasca, spesso fallace.
(BiGio)
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