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Crisi ucraina: anche l’Italia sarà in prima linea con 1.500 uomini

La crisi russo-ucraina rimbalza in Italia. La presenza di militari italiani nei presìdi Nato al confine orientale dell’Alleanza atlantica chiama in ballo il nostro Paese, potenzialmente coinvolto nei combattimenti. E le organizzazioni pacifiste si schierano contro ogni soluzione militare e a favore di uno sforzo politico-diplomatico.

A chiarire dimensioni e costi dello spiegamento militare italiano è Milex, l’osservatorio sulle spese militari italiane. «Nell’infausta eventualità di un conflitto armato in Ucraina, l’Italia sarebbe in prima linea con propri assetti militari, terrestri, ma soprattutto aerei e navali, che partecipano a missioni Nato, a un costo complessivo di 78 milioni di euro». L’Aeronautica schiera quattro caccia Typhoon (la Black Storm) e 140 uomini in una base romena nei pressi di Costanza, al confine ucraino: «Fino ad aprile svolgerà missioni di pattugliamento sul Mar Nero. La missione definita di “polizia aerea rafforzata”, dopo quella nei Paesi Baltici, è stata finanziata nel 2021 con 33 milioni di euro e può essere incrementata fino a 12 aerei e 260 uomini».

Poi c’è il Mar Nero, con il Mediterraneo Orientale teatro della missione della forza navale permanente Nato. La Marina partecipa con la fregata Fremm Carlo Margottini e con il cacciamine Viareggio, 200 marinai e un costo (finanziamento 2021) di 17 milioni di euro. «Nel quadrante Mediterraneo orientale – spiega Milex – dove Mosca sta concentrando una flotta senza precedenti, incrocerà anche la portaerei Cavour con F-35 imbarcati, in un’esercitazione Nato con la portaerei americana Truman e la francese Clemenceau». Infine gli alpini. In Lettonia, missione Nato Baltic Guardian, l’Esercito schiera 200 uomini della Brigata Taurinense con decine di carri armati ruotati Centauro e cingolati da neve, in un gruppo di 1.200 soldati a comando canadese con base a nord di Riga. Missione finanziata con 27 milioni nel 2021.

Grande la preoccupazione di Rete italiana Pace e Disarmo: «È forse dall’epoca della crisi dei missili a Cuba che il rischio di un nuovo conflitto globale non è stato così palpabile». La Rete chiede all’Italia e all’Europa «iniziative urgenti e significative da una posizione di neutralità attiva, per una de-escalation immediata della tensione e la ricerca di un accordo politico negoziato nel rispetto della sicurezza e dei diritti di tutte le popolazioni coinvolte».

Per Pax Christi parla il consigliere nazionale don Renato Sacco. «Pax Christi da sempre rifiuta e condanna la guerra, per fedeltà al Vangelo e alla Costituzione che “ripudia” la guerra. Non possiamo osservare da spettatori quanto sta succedendo in Ucraina. Né farci travolgere nella logica – o follia – della guerra che ora si chiama “fedeltà” alla Nato. Dobbiamo scongiurare la guerra in ogni modo. E non possiamo lasciarci guidare dagli interessi del mercato. La Politica con la P maiuscola deve dimostrare di esserci in questi momenti. Con la schiena diritta. La pace non è solo per “anime belle”, ma è una strada concreta che deve percorrere la politica. Da una guerra si esce tutti sconfitti».

(Luca Liverani)

in “Avvenire” del 26 gennaio 2022

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