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II Domenica PA - Gv 2,1-12 - Le nozze di Cana

 Noi faremo

 


Con oggi termina il ciclo iniziato con l’Avvento che ci aveva accompagnato con 4 verbi (incoraggiare, indicare, comprendere e rallegrare) chiedendoci di rimanere “svegli” e pronti, tesi ad accogliere il futuro. Poi da Natale, Gesù ci è stato manifestato dalla stella come luce di tutti i popoli nell’adorazione dei Magi, poi è stato rivelato dal Padre come il Figlio amato nelle acque del giordano, oggi è lui stesso, in persona, a svelarsi, a rivelarsi per ciò che egli è in un banchetto di nozze, a Cana di Galilea. 

Questo “segno” è la chiave di lettura di tutto quanto Giovanni narrerà nel suo Evangelo e ce lo dice esplicitamente al termine del brano del Vangelo di oggi: ful’inizio dei segni compiuti da Gesù”, quelli attraverso i quali lui “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Sono sufficienti queste “pennellate” per farci comprendere che non ci troviamo di fronte solamente all’esordio di Gesù nella sua attività di maestro e profeta, ma è un episodio che dice il senso profondo, la caratteristica fondamentale del suo insegnamento e della sua vicenda storica. Qualcosa, cioè, senza il quale non riusciamo a comprendere fino in fondo l’essenza del messaggio e della vita di Gesù di Nazareth.

 

Il racconto delle Nozze non inizia come è l’incipit del lezionario festivo:In quel tempo”, ma conAl terzo giorno”. Si può semplicemente non farci caso o ripercorrere i brani precedenti per trovare una corrispondenza cronologica; ma questa non c’è. Non rimane che interrogarsi su cosa Giovanni vuole dirci con questa sua prima annotazione temporale, scoprendo che vuole così assimilarlo ai grandi eventi della storia sacra: tutti si verificano al terzo giornoa partire dalla teofania sul Sinài, al dono del Decalogo, per finire alla Risurrezione di Gesù. Eventi cioè che donano la vita. Giovanni allora desidera attirare con forza la nostra attenzione dicendoci: “attenzione, qui accade qualcosa di centrale per la nostra fede”.

Giovanni non dice sulla sugli sposi perché dà per scontato che si sappia chi sono. In effetti se facciamo memoria, l’immagine del matrimonio rimanda al rapporto tra Dio e Israele, all'immagine del rapporto tra Dio e il suo popolo. Le nozze in corso sono allora la figura dell’Alleanza che, in questa pericope, è impersonificata dallamadredi Gesù: per questo qui non è mai nominata con il suo nome. Viene chiamatadonnaperché, nelle Scritture, Israele viene raffigurato con i tratti di una donna e, più precisamente, in quelli di una madre che raduna attorno a sé i suoi figli.

Un altro elemento sul quale fare attenzione è che, in quel tempo, il vino era conservato in anfore di terracotta o in otri di pelle. Perché allora Gesù indica non di riempire di acqua le anfore e gli otri del vino vuoti ma le giare di pietra che servivano tutt’altro? L’acqua contenuta nelle giare, veniva raccolta da una fonte che zampillava dalla roccia e serviva per rendere la persona nuovamente pura, gradita a Dio all’interno del Patto dell’Alleanza. Le giare però sono 6 ma il numero della perfezione è 7. Con questo Giovanni desidera dirci che, nonostante la grandissima quantità d’acqua che contengono, “manca” qualcosa al tentativo di corrispondere ai desideri del Signore da parte di Israele. Israele, a nome dell’umanità, ha certamente dato fondo a tutto ciò che poteva fare all’interno dell’Alleanza; di più non poteva fare. C’è bisogno che accada qualcosa per colmare quel che ancora manca. Ecco allora che l’acqua diventa vino, segno della festa definitiva. L’Alleanza (è una e una sola!) che cambia di qualità trovando in e con Gesù il suo pieno compimento. L'attesa del compimento della promessa che viene arricchita da Gesù con una novità innestata nella continuità rappresentata da quell'acqua trasformata in vino. Senza di quella non ci sarebbe stato il vino segno del banchetto escatologico.

Nei Sinottici il ministero di Gesù è introdotto con una asserzione solenne:Il Regno di Dio è presente…” (Mc 1,15 – Lc 4,21). Questa affermazione, nell’Evangelo di Giovanni, viene resa con quell’indicazione data al direttore di mensa Ora attingete”: è questo il momento nel quale inizia un’epoca nuova, quella nella quale l’Alleanza di Dio con gli uomini raggiunge il suo compimento. Questo è il messaggio centrale delle nozze di Cana che sono figura e presenza dei tempi ultimi. Nozze nelle quali Gesù annuncia che l’Israele fedele è stato esaudito e oltre ogni misura, perché la salvezza si allarga all’intera umanità.

Anche Isaia (25,6) l’aveva annunciato con l’esempio di un banchetto: il Signore preparerà per tutti i popoliun banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di fini raffinati”. 

Gesù vuole così trasmettere a Cana il principio decisivo della relazione che unisce Dio e l’umanità. Tra l’uomo e Dio occorre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buoni: amore, festa, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, un vino di festa ci lega con Dio, non rapporto giudiziario e penitenziale, quale lo abbiamo immaginato per secoli. Credere in Dio è una festa che genera vita. 

A Cana c’è un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura: “Dobbiamo amare e trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarli e ringraziarlo della nostra felicità terrena” ha detto Bonhoffer, anche se nella nostra esperienza, a volte ci pare ci sia piuttosto chiesto solo di identificarci con i servi fedeli che con fatica, forse a volte senza nemmeno capire,fannociò che il Signore chiede perché fin da sotto il Sinài, anche a nostro nome, è stato promesso: “Noi faremo” ciò che il Signore ci dirà (Es 19,8).

 

(BiGio)

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