Riemersi con lui dal Giordano

I buoni sentimenti non durano, il calore delle feste del Natale si raffredda, le luci delle emozioni si stemperano. E il rischio è di rimettersi nella corsia ordinaria del tempo come se tutto fosse rimasto uguale. Per questo la tradizione della Chiesa ci fa partecipi, dopo il Natale, di tre manifestazioni divine, di tre modi in cui si manifesta e chiede di essere accolto il mistero celebrato nella Natività.


Ciò che abbiamo vissuto, infatti, sconvolge e riempie il tempo che noi viviamo, quello solito e ordinario, perché si fa ordinario il modo cui Dio si manifesta. E ordinario è anche il modo in cui ci chiede di manifestare l’amore che ci ha raggiunti, la vita nuova che ci è stata donata. 
Per questo, dopo la manifestazione ai Magi, ci è offerta la manifestazione al Giordano (a cui segue, nella tradizione ecclesiale e, quest’anno, anche nella liturgia di domenica prossima, la manifestazione alle nozze di Cana).

Gesù scende nel fiume Giordano per farsi battezzare con tutto il popolo e lì Dio rivela il suo volto nel volto del Figlio. Ha inizio così il ministero di Gesù, la sua opera di condivisione e di dono, di annuncio e di cura, di amicizia e passione. 
"Tutto il popolo era in attesa..." così inizia la pericope dell'Evangelo di oggi. Ci sono sempre attese da coltivare, speranze da suscitare, ricerche da alimentare. Ci portiamo nel cuore mille domande su noi e sulla vita, sugli altri e sulla storia, sul passato e sul futuro. Sono domande che spesso risolvono questioni e problemi, che ci facilitano l’ardua impresa del vivere. E poi ci sono domande che restano lì, sempre in attesa di un tempo buono, sullo sfondo di ogni altra cosa. Sono domande che possiamo anche ignorare, far tacere e lasciare fuori. Eppure, se anche avessimo risolto tutte le questioni del vivere, resterebbe sempre quel dubbio che assale: posso avere salvezza? Dove trovo ciò che mi salva, che mi libera e mi redime? Dove trovo la forza di vivere come io non riesco, di fare ciò che non voglio, di essere meglio di ciò che sono? Dove trovo salvezza se so che sono pieno di ogni marciume, che sono bloccato in ogni mia cosa, che sono perso in ogni frammento? Dove trovo la mia unità, il mio stile e la mia storia? Dove ritrovo il mio volto nuovo che non abbia bisogno di mille maschere, di tante scuse e tanti distinguo? Dove posso sentirmi me stesso, amarmi perfino e volermi bene? E cos’è questo sentire mancarmi il respiro, sapere che è breve il tempo in cui vivo, provare il brivido di non avere terra su cui posare per sempre i piedi? E mille altre questioni, sepolte e nascoste tra altri pensieri, tra tante faccende che, a volte, hanno solo lo scopo di tenerci impegnati per non sentire l’eco tremendo di queste domande, il suono assordante di ciò che non sappiamo....



La riflessione di Marco Manco continua a questo link: 


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