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Le nostre vanità ci nascondono Dio

Papa Francesco sull'esempio dei Magi invita ad andare oltre le barriere dell'abitudine, oltre la paura di mettersi in gioco per gli altri. "Triste quando una comunità di credenti non si lascia più spiazzare da Gesù, triste cadere nel funzionalismo clericale. Le nostre parole e i nostri riti innescano il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono "lingua morta"?"


Quante cose possono insegnare i Magi. Quante ne hanno insegnate agli uomini e alle donne di ogni tempo. E quante anche a noi. Per questo il Papa ieri, nella solennità dell’Epifania, ha - potremmo dire - invitato tutti a iscriversi alla loro scuola. E a prendere spunto da quello che egli stesso ha indicato come l’insegnamento probabilmente più adatto alla nostra epoca: il desiderio. «Oggi è il giorno per ritornare ad alimentare il desiderio - ha sottolineato infatti nell’omelia della Messa celebrata in San Pietro -. E come fare? Andiamo a “scuola di desiderio”, andiamo dai Magi». Ma che cosa significa desiderio per Francesco? «Desiderare – ha spiegato il Pontefice – significa tenere vivo il fuoco che arde dentro di noi e ci spinge a cercare oltre l’immediato, oltre il visibile. Perché la vita non è “tutta qui”, è anche “altrove”». Quindi citando Van Gogh, che usciva di notte a dipingere le stelle per soddisfare il suo bisogno di Dio, ha aggiunto: «Sì, perché Dio ci ha fatti così: impastati di desiderio; orientati, come i Magi, verso le stelle. Possiamo dire, senza esagerare, che noi siamo ciò che desideriamo». I desideri, infatti, ci portano «oltre le barriere dell’abitudine, oltre una vita appiattita sul consumo, oltre una fede ripetitiva e stanca, oltre la paura di metterci in gioco, di impegnarci per gli altri e per il bene». E se sant’Agostino diceva che «la nostra vita è una ginnastica del desiderio», i Magi, secondo il Papa, ci invitano proprio a questo esercizio fisico.

«A volte – ha notato papa Bergoglio – noi viviamo uno spirito di “parcheggio”», viviamo «parcheggiati, dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita. Le nostre parole e i nostri riti - ha chiesto provocatoriamente innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, che parla solo di sé stessa e a sé stessa?»

«È triste quando una comunità di credenti non desidera più e, stanca, si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù. È triste quando un sacerdote ha chiuso la porta del desiderio; è triste cadere nel funzionalismo clericale, è molto triste»

(sintesi da Mimmo Muolo in Avvenire)

Il testo integrale dell'omelia di papa Francesco a questo link:

https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2022/documents/20220106_omelia-epifania.html

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