Il 25 gennaio, nella tradizione cristiana, si ricorda la cosiddetta "Conversione di S. Paolo", una definizione che non ha basi bibliche perchè non viene mai chiamata così nei tre passi degli Atti degli Apostoli dove viene raccontata (2 volte da Paolo in prima persona).
Nemmeno quando ne parla nelle sue lettere, mai Paolo la definisce una "conversione", ma una "rivelazione" e non certo una chiamata a diventare "cristiano". Non può essere così perché il "cristianesimo" ancora non esisteva e, Paolo, cambia semplicemente gruppo di ebrei: dall'essere membro del movimento dei farisei, passa ad aderire a un altro gruppo ebraico che seguiva gli insegnamenti di Gesù di Nazaret che, per semplicità, viene definito dagli storici, il movimento "Gesuano". In seguito, rileggendo la sua esperienza, la pensa come una chiamata, una "rivelazione" la definisce lui stesso negli Atti.
Nell'epoca del II Tempio (IV secolo AC - I secolo DC), tra gli aderenti alla religione ebraica, c'era una grande ricchezza di gruppi dalle spiritualità anche contrapposte e, tutti si confrontavano nel Tempio.
Paolo, come Gesù, era ed è rimasto sempre un ebreo osservante.
Molto chiara nel precisare questo aspetto la conferenza di Gabriele Boccaccini a questo link (la seconda di 6 lezioni su YouTube):
https://www.youtube.com/watch?v=qqcybhOgmOs
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