In ebraico questo termine non ha nulla di astratto, è terribilmente concreto: “Dio disse sia la luce e la luce fu”, la sua parola è azione, fatto e parla per comunicare, per rivelarsi, per entrare in relazione, dare senso per amore.
L’uomo è sospeso al soffio, alla parola di Dio: è questo che gli dà ed orienta la sua vita. Dire che l’uomo è a immagine di Dio, significa qualificarlo immediatamente come un essere in relazione con il Signore e, attraverso di lui, con tutte le altre creature che Dio ha visto come “cose buone”. Dice il salmo che “i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani …”. Se la creazione è Parola di Dio, la sua luce raggiunge tutto e tutti.
“E il Verbo si è fatto carne”
Carne, non uomo, cioè si è impastato anche nel profondo delle nostre imperfezioni, delle nostre debolezze, delle nostre fragilità che ora, oltre a portare i segni della morte, porta anche la pienezza della vita che è il luogo della manifestazione della gloria di Dio.
È nella nostra carne che dobbiamo cercare la sua Gloria, vedere il suo Amore e la sua Croce; anche nelle carni nude, affamate, assetate, malate, prigioniere, pellegrine, migranti, carcerate, morte nel freddo o nel mare, bruciate nelle tendopoli date alle fiamme o che hanno preso fuoco cercando di scaldarsi …
Ha fissato la sua tenda in mezzo a noi
In noi, facendoci diventare la sua tenda in mezzo a tutte le realtà che frequentiamo. La sua tenda, come quella di Abramo, ha quattro aperture verso i quattro punti cardinali, pronta ad accogliere tutti e, noi, accogliamo tutti? Lo rendiamo “samaritano” lungo le strade di questa nostra umanità ferita anche dal Covid-19?
Noi ora siamo la sua “carne” e per questo “tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”
Ne siamo ripieni senza misura. A volte non ce ne rendiamo conto e invece di gesti di amore, di accoglienza, di perdono, di sorrisi, di barlumi di vita nuova, sopravvengono le tenebre che stigmatizzano, condannano, gridano, dividono, cercano di spezzare le canne piegate, spegnere i lucignoli fumiganti. Mentre i primi atteggiamenti gli rendono testimonianza perché tutti giungano a credere in Lui, nei secondi non può essere riconosciuto mentre ha proprio preso casa nel dolore che ci sta accanto e forse noi ignoriamo.
Per fortuna la sua luce splende in queste tenebre ed è un seme di speranza che non sarà mai soffocato, rallegra, crea condivisione e gioia; assume il linguaggio dell’altro, interpreta il grido di sofferenza e ogni gemito che giunge dalla terra come le doglie del parto che apre al nuovo, alla vita.
Il Natale non è un punto di arrivo, è piuttosto un punto di partenza.
(BiGio)
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