E tu, dov’eri?

C’è stata una risposta di padre Antonio Spadaro alla questione postagli dal “Fatto quotidiano” sul mancato intervento di Dio per salvare i bambini profughi annegati nel Mediterraneo la notte di Natale. La domanda era: “Dov’era Dio”? 

Raniero La Valle in “www.chiesadituttichiesadeipoveri.it” del 5 gennaio 2022

Padre Spadaro anzitutto coglie la perentorietà della domanda, che “di fronte a un evento tremendo, che non ha plausibilità né spiegazione possibile, chiama in causa Dio come in un tribunale sul banco degli imputati: un atto tragico che fa esplodere il grido della coscienza”; e c’è la replica, ben più plausibile: “Dov’era l’uomo? Cioè: dato che l’uomo è libero, e non è un pupazzo manovrato dalle mani di Dio, quel che è accaduto ha delle precise responsabilità assolutamente umane e nient’affatto divine”. Infatti “se Dio non permettesse la nostra libertà noi saremmo tutte brave marionette e tutto funzionerebbe nel mondo come un orologio a cucù”. Ma poi c’è la vera risposta: «“Dio dov’era?” Sulla croce. Dio era sulla croce, vivendo sulla sua pelle quell’ingiustizia e quel dolore atroce. Dio non è un motore immobile, ma un “agnello condotto al macello”, come ci dice la Bibbia». 

È la stessa tragedia dell’assenza di Dio nel dolore del mondo che Elie Wiesel denuncia nel suo libro “La Notte”; però c’è la voce che lo stesso Wiesel ricorda di aver sentito nel campo di Auschwitz quando era in una fila di ebrei portati dagli aguzzini a vedere lo spettacolo di un ragazzo olandese tredicenne, “con un volto da angelo infelice, amato da tutti”, che pendeva da una forca: dinanzi all’assurdità della morte del piccolo innocente, che agonizzò per più di mezz’ora, risuonò, racconta Wiesel, l’interrogativo sconcertante: «“Dov’è dunque Dio?” E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca».
A chi lamenta la “divina indifferenza” di fronte al dolore umano si potrebbe ricordare la risposta che Dio stesso dà a Giobbe in quel grande dialogo biblico, quando gli dice: E tu dov’eri, quando io ponevo le fondamenta della terra, dov’eri quando ho posto un chiavistello al mare, e due porte dicendogli: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde?” 

Per non far affogare i bambini in quel mare non c’è bisogno di un Dio teista, c’è bisogno di uomini umani, c’è bisogno di politiche non aguzzine. 


1 commento:

  1. Grazie. Mi sono appena confrontata da vicino con il capitolo 24 di Giobbe, dove appare ancora una volta lo scandalo di un Onnipotente (Shaddaj) che lascia che i malvagi opprimano i miseri, i poveri, gli orfani, le vedove (Gb. 24, 1-13). Qui Giobbe non pensa solo alla sua persnale sfferenza, ma a quella del mondo, della società in cui vive, e constata con dolore che Dio non presta ascolto alla preghiera del povero.
    Un amico ha condiviso com me proprio stamane queste parole di una studiosa del mondo ebraico e le condivido volentieri perché mi hanno illuminato e vanno nella direzione indicata da Spadaro:
    "L'idolo deve servire gli interessi dell'uomo, adattarsi alla sua domanda. Dio invece offre a ciascuno, anche all'uomo più straziato, il singolare miracolo che consiste nella capacità di divenire per altri segno di consolazione e speranza".

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