Vino nuovo per tutti sotto l’icona delle Nozze di Cana del giovane iconografo della Cita Fabio Favaretto, c’era stamattina il miglior vino di Bardolino che ogni famiglia ha stappato a tavola pregando con don Tonino: “Donaci il vino della festa perché stiamo perdendo il gusto delle cose, la felicità si è spenta e la tristezza segna le nostre giornate”. Col Novello e col Chiaretto, il bianco, il rosso e lo spumante (offerti dall’Azienda Agricola Raval di Bardolino per sostenere i progetti dell’Orto Solidale e dell’Apiario) è esplosa nella comunità della Cita la festa della vita, racchiusa nel simbolo dell’amore di un Dio che brinda con l’umanità.
Tutt'altra storia dalle sei anfore fredde e immobili che nel Vangelo ricordano una religione del passato che fatica a tramontare e mette solo tanta tristezza. Lo stesso papa Francesco ne aveva parlato con impressionante chiarezza il giorno dell’Epifania: “È triste quando una comunità di credenti non desidera più”, ha detto il papa, “una comunità triste e stanca, che si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù, dalla gioia dirompente e scomodante del Vangelo. È triste quando un sacerdote ha chiuso la porta del desiderio. È triste cadere nel funzionalismo clericale, è molto triste. È triste trovarsi nella bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore. Persone chiuse, comunità chiuse, vescovi chiusi, preti chiusi, consacrati chiusi. Perché la mancanza di desiderio porta alla tristezza, all’indifferenza”.
Il sinodo sta diventando la vigna giusta per un vino che torni a scaldare il cuore di credenti che, come continua il papa, “sono da troppo tempo bloccati, “parcheggiati” dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita”. Per questo Piero della Caritas di Marghera ha lanciato la proposta di dare la voce agli ultimi e il gruppo liturgico presto chiederà anche a Messa il contributo di tutti. Dalla Messa della domenica vorremmo “alimentare il desiderio” di novità perché l’interrogativo del papa sulle nostre assemblee è chiaro e inequivocabile: “Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono “lingua morta”, riti che sono in una lingua che parla solo di sé stessa e a sé stessa?”
(Nandino)
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