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8 dicembre: Immacolata Concezione - Lc 1, 26-38

Allora Maria disse ..." confidente nell'accettare ogni trasgressività suscitata dall'inedito del Padre



Vegliate, vegliate, vegliate, state attenti non dormite perché il kairos può accadere in ogni istante, in ogni momento della vostra vita potete scoprire la presenza di Dio nella vostra vita; il momento opportuno nel quale fa nuove tutte le cose potrebbe essere proprio questo ma è necessario accorgersene.

È con questo accorato invito che si è aperto domenica scorsa l’Avvento riprendendo il ripetuto invito delle ultime domeniche dell’Anno Liturgico che ha appena trovato il suo compimento nella Festa di Cristo Re. Questo è il messaggio dei ripetuti racconti di uomini che vanno in viaggio lasciando ai propri collaboratori la responsabilità del suo patrimonio secondo le qualità di ciascuno, chiedendo a tutti di agire nella propria piena responsabilità e con quella autorevolezza che lui ha consegnato loro.

 

La Festa dell’Immacolata Concezione è una chiara esemplificazione di questo messaggio: Dio che si fa inaspettatamente presente nella vita di una ragazza qualunque, in un luogo mai nominato nella Bibbia, ai margini della Via del Mare ma al di fuori dei traffici e dei movimenti dei commercianti internazionali che la frequentavano.

Una ragazza che aveva ufficialmente celebrato il fidanzamento che durava periodo lungo un anno senza avere rapporti con il marito, solo poi raggiungeva la casa dello sposo per le nozze vere e proprie con l’inizio della convivenza.

Una ragazza semplice che attendeva diligentemente alle incombenze affidatele ritmando la sua vita con la preghiera dei salmi. Lo comprendiamo dalla sua reazione confidente all’incontro con il messaggero divino. Sono quelle parole che dovrebbero essere tutti i giorni sulle nostre labbra chiedendo “Al mattino Signore aprile mie labbra alla tua lode, fa attento il mio cuore alla tua parola” con la quale “Ogni giorno (…) sazi il desiderio di ogni vivente” (Ps 145) e continuando con un confidente “Insegnami a fare la tua volontà, perché sei tu il mio Dio. Il tuo spirito buono mi guidi in una terra piana” (Ps 143) perché “fare la tua volontà, mio Dio, questo io desidero” (Ps 40). 

È all’interno di questo dialogo continuo che l’Angelo le si fa presente e si inserisce con quel suo “Rallegrati piena di grazia, il Signore è con te” assicurandole e riconoscendo non le sue doti, le sue virtù ma che la sua preghiera è stata esaudita: il Signore l’ha riempita della sua benevolenza, del suo amore (la grazia) e questo significa che le si è fatto vicino: “è con te”. 

Normalmente essere alla presenza di Dio crea timore, ma l’Angelo la invita a rallegrarsi che non è un esplodere di gioia senza misura, ma un semplice non temere, ad essere confidente, ad accogliere la sua venuta, ad accorgersi che l’inedito stava accadendo: quando mai si è sentito che Dio si rivolgeva direttamente ad una donna? A quell’epoca era la creatura che più si pensava lontana da Dio. Pensiero che ci si è trascinati dietro fino al Concilio Vaticano II e che tuttora permane in alcuni ostracismi clericali.

Non finiscono qui le sorprese perché oltre all’annuncio che concepirà un figlio (aspetto del tutto scontato che, passata alle nozze vere e proprie, sarebbe certamente avvenuto) le viene chiesto di dare il nome al figlio: “lo chiamerai Gesù” compito che all’epoca era esclusivo del padre. Il dare il nome significava anche affermare di essersi dato una discendenza alla quale trasmetteva la spiritualità e la tradizione della famiglia.

Maria non rifiuta, chiede come avverrà questo visto che ancora non convive con il promesso sposo, la risposta dell’Angelo è un altro inedito: “Scenderà su di te la potenza dell’Altissimo, ti coprirà con la sua ombra perciò colui che nascerà sarà Santo e chiamato Figlio di Dio” non godrà perciò del patronimico di Giuseppe, ma quello di Dio.

Allora Maria disse: ecco la serva del Signore avvenga di me secondo la tua parola”. Una risposta dal doppio volto: quello trasgressivo che acconsente senza chiedere nulla al consorte (inimmaginabile all’epoca) ma che, contemporaneamente, propone che Dio suscita la nostra individuale responsabilità e che, di fronte al personale discernimento ultimo di fronte alla sua volontà, non esiste obbedienza che tenga ad altre istanze. Nemmeno quelle legate alla tradizione con la “T/t” sia maiuscola che minuscola.

Infine c’è quel riconoscersi “serva” che non è un rimettersi a un’obbedienza remissiva e passiva alla volontà di un altro, ma è una adesione fiduciosa e fattiva al progetto di Dio, facendosi carico di tutte le difficoltà e le gioie che questo comporta.

(BiGio)

 

 

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