Lo stile di Gesù - in tante situazioni nelle quali ha visto delle porte chiudersi - il suo stile è sempre stato quello di aprire nuove vie, di aprire nuove possibilità, dando futuro a persone scartate e senza speranza, dicendo loro che potevano emergere, che c'era una speranza nuova per loro.
«Inizio del Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio». E l’inizio è una parola della Scrittura. Tutta la vita di Gesù è compimento della parola di Dio, del racconto della storia di Dio con l'uomo, che è narrazione di salvezza, dall'inizio alla fine. Fino al momento della morte, che è compimento pieno della Parola: «Gesù sapendo che ormai tutto era compiuto affinché si compisse la Scrittura» (Gv 19,28). Il suo compimento non è un progetto divino di morte (assurdo!): è il coronamento di un disegno d'amore, più forte della morte. Tutto ciò che Gesù vivrà nella sua incarnazione sarà compimento di tale Parola.
«Inizio» è parola ricca di fascino. Non è l'ossessivo solletico provocato dalla ricerca di qualcosa di nuovo, leva sulla quale giocano oggi i social media per catturare la nostra attenzione e frequentazione. È bello, invece, considerare la possibilità di un nuovo inizio. Quando tutto sembra finire, sembra consumarsi, oppure sembra la ripetizione di un copione ormai consumato. Il Vangelo vuole allora presentarci sempre la possibilità di un nuovo inizio, di una cosa nuova.
E l'inizio è del «vangelo», cioè della buona notizia. È un invito a partire dalle buone notizie. È un'ingenuità e una cattiva operazione quella di partire dalle cattive notizie, da visioni apocalittiche, da analisi crude e spietate della realtà. Siamo sommersi da notizie allarmistiche. Ma il dramma del mondo, delle popolazioni civili vittime dei bombardamenti non costituiscono tutta la realtà. Certo, teniamone conto. Ma guai se la partenza fosse la cattiva notizia. Per narrare di Giovanni Battista come fa il Vangelo di Marco, Luca non inizia da Tiberio Cesare, Ponzio Pilato ed Erode, che cita più tardi nel Vangelo: questi costituiranno le coordinate del protagonismo negativo della grande storia, dentro la quale si svolge il ministero di Giovanni. Ma l'inizio è nei suoi genitori, toccati meravigliosamente dalla grazia di Dio, che li rende fecondi di quel figlio, precursore del Messia.
Il Vangelo, dunque, come dice la parola, è buona notizia, è un messaggio di gioia, in sintonia con tutto quel torrente di gioia che attraversa l’AT. L'inizio del ministero del Secondo Isaia è proprio un messaggio di gioia (prima Lettura): «Consolate, consolate il mio popolo. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù». Anche la natura si fa docile, per permettere al Signore gli essere pastore che conduce con dolcezza il suo gregge dall'esilio verso il ritorno alla patria amata. Anche il Vangelo inizia con un annuncio che deve dare speranza ai cuori, che deve suscitare gioia. C'è una possibilità nuova.
Inizio della buona notizia di Gesù, scrive Marco. Dove «di Gesù» significa che la buona notizia è Gesù, è Lui il Vangelo, la novità è Lui, la sua presenza. È come se volesse rispondere alla domanda: da dove iniziamo? Da Gesù: da questa presenza che può rassicurare i cuori.
In effetti, leggendo poi il racconto evangelico, scopriamo (direi con meraviglia) che lo stile di Gesù - in tante situazioni nelle quali ha visto delle porte chiudersi - il suo stile è sempre stato quello di aprire nuove vie, di aprire nuove possibilità, dando futuro a persone scartate e senza speranza, dicendo loro che potevano emergere, che c'era una speranza nuova per loro. Del resto questo è stato lo stile di Dio sin dall’AT: aprire possibilità nuove, proprio quando tutto sembra sommergere. L'esempio più grande è quello delle acque del mar Rosso: simbolo luminoso di un popolo che, in modo inatteso e gratuito, è emerso dalle acque, che non hanno potuto sommergerlo.
Di tutto questo è eco la predicazione del Battista. Egli invita ad una immersione, a un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, immersi, per essere tirati fuori; in una novità di vita. Per dire che, per questo mondo sommerso nel male, c'è una possibilità nuova, che è il perdono dei peccati; possiamo riemergere.
Il Dio dell’AT e di Gesù è un Dio che toglie il peccato, portandolo Lui. Perché il verbo usato, in greco, vuol dire sia «togliere» che «portare». Significa che il peccato è cancellato. Forse non lo consideriamo abbastanza. Ma dire che Dio perdona il peccato significa che Dio lo cancella. Dio non si ricorda più che l'uomo ha peccato. Potremmo dire che il perdono di Dio ci ricostituisce in una condizione originaria, come se non avessimo mai peccato.
Questa è una cosa che può fare solo Dio. Perché noi possiamo perdonare ad un altro, ma nessuno di noi è capace di dimenticarsi che quell'altro ci ha fatto del male. Dio, nella sua onnipotenza, cancella il peccato, non lo ricorda più. E così siamo messi in una condizione nuova, siamo all'inizio. Dio ci apre una possibilità nuova. È questo che può spingerci alla conversione: un Dio che ci apre un nuovo futuro perdonandoci il male commesso. Come Gesù fa con la donna adultera: «Va’ e d'ora in poi non peccare più» (Gv 8,11).
(Alberto Vianello)
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