Voci a confronto al convegno che chiude le celebrazioni per i 250 anni della Pontificia Università Lateranense. Lorizio rilancia la proposta di una teologia «mediterranea». E che «deve stare per strada», incalza De Simone
Siamo gli ultimi cristiani? La domanda risuona inquietante sotto le volte dell’Aula Magna della Pontificia Università Lateranense. Ma non è uno scenario apocalittico quello si delinea nel corso del convegno organizzato per concludere le celebrazioni dei 250 anni dell’Ateneo dei Papi. Tutt’altro. Anzi come riassume nelle sue conclusioni monsignor Giuseppe Lorizio, che alla Lateranense è professore emerito di teologia fondamentale, può costituire l’occasione per «ripensare l’annuncio del Vangelo nella storia e il ruolo della teologia nell’ambito della nuova evangelizzazione».
La domanda era stata posta nella sua relazione da un altro teologo, Brunetto Salvarani. Lorizio nelle sue conclusioni aggiunge una postilla al quesito: «Visto che in altri contesti il cristianesimo fiorisce, siamo forse gli ultimi cristiani del mondo occidentale? Se, erroneamente, identificassimo il cristianesimo con l’Occidente, finito il secondo, dovremmo decretare anche la fine del primo. Ma pur non essendo così, la questione non è da poco, poiché il cristianesimo occidentale non va abbandonato. Grazie alla molteplicità delle sue radici culturali (Roma, Atene, Gerusalemme), esso ci salva infatti dal pericolo del fondamentalismo». E qui viene in primo piano la teologia, cioè quell’intelligenza della fede che permette di avere uno sguardo profondo sul presente e sul futuro, senza cedere ai rischi di un certo politically correct cucinato in salsa ecclesiale.
L'intero reportage di Mimmo Muolo a questo link:
https://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/RaSt202312/231202muolo.pdf
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