Ai confratelli che ho incontrato a Hong Kong ho voluto chiedere perché tra i missionari e la loro gente vi fossero legami così belli. Uno di loro, visibilmente commosso, mi ha detto: «Non siamo noi, sono i cattolici cinesi. Sono loro il nostro centuplo»
Hong Kong è una città moderna anzi, modernissima, e ha al suo interno una Chiesa vivace anzi, vivacissima! Ne ho avuto recente conferma. Invitato a predicare l’annuale ritiro al clero della diocesi, mi sono fermato in quel “porto profumato” dal 4 al 16 novembre scorsi, ben accolto dai miei confratelli del Pime, dal clero che ha partecipato al ritiro e dai loro quattro vescovi, tra i quali due cardinali, l’emerito mons. John Tong Hon e l’attuale mons. Stephen Chow.
Per circa una settimana ci siamo lasciati accompagnare da un’immagine: la Deposizione di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. La tela, dipinta tra il 1602 e il 1603, mostra in primo piano il corpo morto di Gesù appena deposto dalla croce, abbracciato e sorretto da due discepoli, Giovanni l’apostolo, e probabilmente Nicodemo o forse Giuseppe d’Arimatea che aveva avuto l’ardire di chiedere a Pilato il corpo del Nazareno. Non si tratta quindi di una scena di gloria ma di morte, non di inizio ma di fine. Avevo scelto all’ultimo momento quest’icona perché mi affascinava quell’essere al capezzale di Gesù e basta; quell’avere tra le mani niente più che il suo corpo morto, inerte, così diverso e lontano dalle performance a cui aveva abituato i suoi discepoli durante gli anni di vita. Quelli sì, furono anni di intensa predicazione e prodigiosi miracoli. Ora basta! Tra le mani, solo l’assoluta impotenza di un’«obbedienza cadaverica» – come la chiama Von Balthasar – che avrebbe portato Gesù, per amore del Padre, fino agli inferi dell’umano....
L'intera riflessione di Alberto Caccaro a questo link:
https://www.mondoemissione.it/missione/hong-kong-al-capezzale-di-un-uomo/
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