A volte concediamo decorazioni e riconoscimenti a delle persone per i loro meriti e per i loro servizi alla società. È un modo per ringraziarle e indicarle come esempio.
Nel vangelo di Giovanni troviamo un bellissimo riconoscimento a Giovanni Battista: "Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce".
Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove stava battezzando. Giovanni Battista è "un uomo mandato da Dio". Egli non è la luce, ma il testimone della luce. La vita è luce. Dio è vita e la creazione è un'esplosione della vita di Dio. La vita è la luce dell'uomo, il criterio ultimo che deve guidare tutta la sua esistenza e la sua passione. Le dottrine, le leggi hanno validità e significato solo se mirano a questa priorità assoluta. Il rapporto con Dio passa attraverso questa adesione alla vita, perché Dio è la pienezza della vita. Gesù, che si dichiara luce del mondo, è venuto “perché tutti abbiano vita in abbondanza”. Attraverso tutto il suo insegnamento e le sue opere, Gesù manifesta e comunica vita, fino a dare la propria vita, ed è per questo che è la luce, che affronta le tenebre, con tutto ciò che impedisce la vita.
Giovanni Battista è un testimone della luce che si rivela in Gesù. È venuto per mostrarlo e preparargli la strada, "affinché tutti possano credere per mezzo di lui". Chi cerca e serve la vita può trovare la luce di Cristo e darle la sua adesione. Questa è la vocazione del discepolo, una vocazione che molti vivono anche senza assumere una specifica dimensione religiosa. Mossi dalla luce della vita che è in loro, dedicano tutte le loro energie al servizio della vita di tutti, specialmente là dove essa è più aggredita e minacciata.
Giovanni è stato "mandato da Dio". Non ha credenziali istituzionali. Ed è per questo che una commissione d'inchiesta, inviata dalle massime autorità religiose e composta da sacerdoti e poliziotti del tempio, gli chiede conto: "Chi sei?". Sono i rappresentanti delle tenebre, che hanno paura del "testimone della luce", e che poi affronteranno "la luce vera", Gesù, fino a ucciderlo.
Giovanni dichiara esplicitamente: "Io non sono...". Rifiuta tutti i titoli messianici. È solo voce, eco della voce di tutti i profeti che hanno annunciato la liberazione: "Rendete diritta la via del Signore". Per questo offre il suo battesimo di penitenza per la conversione e il perdono dei peccati, simbolo di rinnovamento e cambiamento. Un altro, "la luce vera", la vita piena, l' "Yo sono", è già presente, ma le tenebre non lo riconoscono.
Nel linguaggio profetico l'alleanza tra Dio e il suo popolo era vista come un'unione coniugale. Dio è lo sposo. E per questo l'idolatria è chiamata adulterio. Giovanni si riferisce a questo linguaggio simbolico quando dice: "A lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo". Ricorda la legge del Levirato, che prevedeva che se un uomo sposato moriva senza figli, il fratello o il parente più prossimo doveva sposare la vedova, per dare discendenza al defunto. Se non lo faceva, la vedova lo portava davanti al giudice e gli slacciava i sandali, dimostrando in questo modo che lui aveva perso il diritto di averla come moglie. Il libro del Deuteronomio dice che la famiglia di quell’uomo “sarà chiamata la famiglia dello scalzato" (25, 10). Giovanni ricorda quella pratica, dicendo che non è degno di "slegare il laccio del suo sandalo", perché Gesù non può essere "lo scalzato". È lo sposo, che ha diritto alla sposa, quella nuova umanità con la quale suggellerà un'alleanza per sempre, con il dono della sua vita.
Il particolare del luogo, "in Betania, al di là del Giordano", ricorda la conclusione del primo esodo, quando Israele uscì dalla schiavitù in Egitto, e dopo la lunga traversata del deserto passò il fiume Giordano per entrare nella terra promessa. Ora quella terra è diventata una terra di schiavitù, dominata dai rappresentanti delle tenebre. Gesù inizia il nuovo esodo, la strada della liberazione, andando "al di là del Giordano", a Betania, il luogo simbolo della comunità dei suoi discepoli.
(Bernardino Zanella)
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