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IV Domenica di Avvento - Lc 1,26-38

"Rallegrati Maria" ... "Il Signore tuo Dio è in mezzo a te è un salvatore potente”. In ebraico di quel “in mezzo a te” tradotto letteralmente significa “nel tuo grembo”.

 

 

L’invito è stato costante: raddrizzate le strade che il Signore compie per giungere a voi. Il momento non lo si conosce ma lui ti si è già fatto vicino, basta solo accorgersene e sarà un nuovo “in principio”. Fare attenzione a tutto, vivere e non lasciarsi vivere per saper cogliere la testimonianza che la “luce”, l’avvento capace di rendere nuove tutte le cose, ci sta di fronte o meglio a fianco per sostenerci in questa nostra realtà fatta di oscurità. L’importante è “uscire” dal nostro tran-tran e farsi coinvolgere, immergersi (=battezzare) in una vita così come il Signore ci invita a viverla in attenzione al bisogno dell’altro, non esclusivamente al nostro interesse personale. Le figure di Giovanni il Battista e di Maria sono state esemplificative. Erano persone ai margini che nell’ascolto costante della Parola (=la preghiera è essenzialmente questo) hanno saputo riconoscere la presenza del Signore in loro che li ha resi coscienti della missione, del compito loro richiesto, liberamente accolto e, quindi, affidato.

 

Se guardiamo la storia dell’umanità ci si deve ritenere fortunati che dopo il Diluvio Dio ha fatto una promessa all’uomo: “Mai più!” altrimenti la tentazione – secondo i nostri parametri – sarebbe quella di un diluvio ogni pochi mesi per cancellare gli abomini che continuamente in ogni parte dell’universo l’uomo compie contro altri uomini e contro la natura. Quest’ultima ci è stata affidata perché la custodissimo e la portassimo a termine. “Affidata” significa che non ne siamo proprietari, “portare a termine” non nel senso della sua distruzione e la Cop28 è riuscita a trovare un difficile compromesso ma che dilaziona ancora quanto serve per salvare il creato.

Ma quel “Mai più!” significa che Dio, nonostante tutto, ama questa umanità con tutti i sui difetti e incapacità di rispettare il compito che le è stato affidato e, anzi, facilmente proceda in senso contrario. L’ama talmente da essersi fatto uno di noi, per essere in mezzo al suo popolo. Ecco l’invito dell’angelo a “rallegrarsi” rivolto non solo a Maria ma a tutta l’umanità. È un invito che ha lontane radici nei profeti da Gioele (1,2) che invita a rallegrarsi e a gioire perché il Signore opera cose grandi, a Zaccaria (2,14-15) che invita a gioire perché il Signore viene a porre la sua tenda in mezzo a noi, a Sofonia (3,14-18) “Rallegrati Israele, gioisci ed esulta con tutto il cuore” per giungere a dire “Non temere Sion, non lasciati cadere le braccia, Il Signore tuo Dio è in mezzo a te è un salvatore potente”. In ebraico di quel “in mezzo a te” tradotto letteralmente significa “nel tuo grembo”.

Quando la Bibbia desidera dirci che in una nascita c’è l’intervento del Signore usa un linguaggio simbolico: partoriscono, per esempio, donne anziane (Sara), sterili (Elisabetta), vergini (Maria), incapaci o oramai inadatte ad essere fertili, una situazione che significava non essere state benedette da Dio. La verginità non era una virtù che, invece, era l’aver avuto dei figli. Quando la Scrittura definisce Israele o Sion come una “vergine” non è un complimento, è la dichiarazione della sua incapacità di essere stata un terreno fertile, capace di dare frutti maturi, un albero da tagliare alle radici e bruciare nel fuoco. È l’intervento del Signore che rende feconda una umanità incapace di vita autentica.

Maria quando nel Magnificat canta che “colui che è grande ha guardato all’umiltà della sua serva”, vuole dire che lei, non avendo ancora avuto figli, era una persona insignificante, considerata priva di alcun valore agli occhi del suo popolo, dei popoli e, in questa situazione, è intervenuto Dio a renderla feconda di una vita nuova. Non solo perché incita di un bambino che nascerà, ma di una nuova umanità che rimarrà feconda e non sarà più umiliata dalla sua sterilità.

Ecco un invito preciso al nostro oggi, in questa nostra realtà di “tenebre” che sembrano vincere sulla “luce” ci è chiesto di avere uno sguardo capace di vedere dove c’è questa fecondità permanente che il Signore vi ha posto, dove e quale sia la sua “tenda fra di noi”. Lo sappiamo che all’inizio il seme è molto piccolo però c’è e se sappiamo vederlo non può non darci gioia, non possiamo non esultare, non rallegrarci. Dobbiamo però cercarlo essendo certi che “in quel giorno”, in quel momento, Dio ci sorprenderà dicendoci eccomi!”, sono qua perché questa è la mia identità: l’essere accanto a te (Is 52,6).

Ecco allora che la risposta “Eccomi” di Maria non è altro che un’eco a quella identità del Signore che si fa uno di noi non nella potenza, non come giustiziere, ma come disponibilità ad essere sempre presente con noi, in noi, per noi.

(BiGio)

 

 

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