La preghiera che ci ha visto riuniti per il secondo appuntamento dei tre mercoledì di questo Avvento si è svolta sotto lo sguardo dell’Icona della Vergine del Silenzio. L’incontro ha avuto come tema centrale il silenzio come forma di preghiera.
È la prima volta che nella nostra parrocchia viene proposta una "preghiera silenziosa", anche se questa forma di preghiera era conosciuta e praticata nelle antiche tradizioni cristiane dei padri del deserto. Essendo per la maggior parte di noi una novità, si è scelto di limitare la pratica del silenzio e di dare spazio a momenti di riflessione sull'importanza del silenzio nella vita del credente, accompagnati dall’ascolto della Parola e dai canti di Taizé.
Don Nandino ha introdotto l’incontro e, facendo riferimento al titolo La preghiera attraverso il silenzio ci conduce alla gioia, ha spiegato la novità della proposta.
Francesca ci ha aiutato a comprendere il senso della serata. Ci siamo riuniti proprio per continuare il cammino di Avvento e aspettare insieme che Dio venga in mezzo a noi. Si tratta di un'attesa che ci rende vigili e attivi nel presente e che ci coinvolge adesso nel desiderio di fare esperienza che Dio ci ama, siamo figli e figlie amati e salvati da Gesù che viene. La vita spirituale consiste nello star vicino al Signore, quindi nel conservare la gioia del cuore, lottando contro il male che ci priva della gioia. Allora in questo incontro mettiamo a fuoco che dobbiamo tornare a Dio: questo è il senso della conversione. Sull'esempio di Charles de Foucauld percorriamo la strada della conversione che ci porta a riconoscere Gesù in ogni fratello e sorella che sono nel bisogno, negli ultimi.
Cristina ha spiegato che ci sono diverse tipologie di preghiera e che ci sono molti modi di pregare. Sappiamo che la preghiera può essere meditativa e contemplativa, comunitaria o personale, di richiesta, di intercessione, di ringraziamento e di lode. Si può pregare con preghiere tradizionali o con preghiere spontanee e si prega con il canto. Si può pregare con il corpo, camminando e anche danzando. E ogni tradizione religiosa ha le sue peculiari forme di espressione. Poi c’è un’altra forma di preghiera, trasversale a molte religioni e tradizioni spirituali, alla quale però non siamo molto abituati: il silenzio.
E a proposito del silenzio abbiamo letto alcuni brani di Papa Francesco durante la veglia di preghiera ecumenica, organizzata dalla comunità di Taizé, in occasione dell’apertura del Sinodo: “Il silenzio è essenziale nella vita del credente. Sta infatti all’inizio e alla fine dell’esistenza terrena di Cristo. Il Verbo, la Parola del Padre, si è fatto “silenzio” nella mangiatoia e sulla croce, nella notte della Natività e in quella della Pasqua.
Il nostro non è un silenzio vuoto, ma un momento carico di attesa e di disponibilità. In un mondo pieno di rumore non siamo più abituati al silenzio, anzi a volte facciamo fatica a sopportarlo, perché ci mette di fronte a Dio e a noi stessi. Eppure esso è alla base della parola e della vita.
La verità non ha bisogno, per giungere al cuore degli uomini, di grida violente. Dio non ama i proclami e gli schiamazzi, le chiacchiere e il fragore: Dio preferisce piuttosto, come ha fatto con Elia, parlare nel «sussurro di una brezza leggera» (1 Re 19,12), in un “filo sonoro di silenzio”. E allora anche noi, come Abramo, come Elia, come Maria abbiamo bisogno di liberarci da tanti rumori per ascoltare la sua voce. Perché solo nel nostro silenzio risuona la sua Parola. Il silenzio rende possibile la comunicazione fraterna, in cui lo Spirito Santo armonizza i punti di vista, perché Lui è armonia”.
Fare silenzio significa allora far tacere la mente per lasciare spazio all’azione dello Spirito, come ci dice Papa Francesco. Si ascolta nel silenzio e si ascolta il silenzio, come si ascolta l'infinito, non con la ragione calcolante, ma con le ragioni del cuore, con l’intuizione che ci permette di rompere abitudini e rigidità, per far riemergere il vero senso della nostra Vita. E come ci insegnano molte tradizioni spirituali, per stare nell’immobilità del silenzio, possiamo aiutarci portando la nostra attenzione al respiro, ogni volta che i nostri pensieri ci conducono fuori strada. Seguendo il flusso del nostro respirare, ci accorgeremo che lentamente il respiro si farà più regolare, profondo e lento e la nostra agitazione si calmerà, favorendo in tal modo il contatto profondo con la nostra interiorità e con Dio. In ebraico la parola ruah significa allo stesso tempo respiro, soffio e spirito. Allora possiamo comprendere meglio che il silenzio, con l’aiuto del respiro, può diventare una preziosa forma di preghiera.
Isabella ha quindi guidato la preghiera silenziosa.
A questo breve ma intenso momento è seguita la lettura di Isaìa (Is 61, 1-2. 10-11), presente nella liturgia della Terza domenica di Avvento, che ci parla di un’attesa ricca di gioia per la certezza della venuta del Dio che salva e di cui riportiamo l’inizio:
“Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di grazia del Signore.”
Don Nandino ha commentato brevemente inducendoci a riflettere e ad essere attivi in relazione con quanto andiamo facendo nella nostra pratica, cercando d trasmettere fede, speranza e carità.
Cristina, a questo punto, ha invitato a rimanere in silenzio, facendo risuonare dentro di noi le parole del Profeta Isaia e Isabella ha poi esposto la sua esperienza della preghiera silenziosa, quale lenimento all’inquietudine esistenziale e per ricongiungersi all’Assoluto in un’ottica di servizio.
Abbiamo quindi condiviso la lettura di una preghiera sanscrita:
Danziamo insieme
Cantiamo insieme
Prendiamo insieme conoscenza
delle nostre menti,
per unirci ai santi saggi del passato
Tutti insieme godiamo dell’universo
Uniamo le nostre intenzioni
Uniamo i nostri cuori
La nostra mente sia una sola mente
per essere una cosa sola.
Dopo un momento di “risonanza” durante il quale ci si sono scambiati una parola o una breve frase, a conclusione dell’incontro è stata fatta una proposta per accompagnarci nell’attesa del Natale:
“In questo tempo di Avvento, cerchiamo, ogni giorno, di crearci uno spazio di silenzio, per posare lo sguardo su ciò che veramente conta e per consenåtire alla Parola di vita di prendere dimora in noi.”
“ In ebraico la parola ruah significa allo stesso tempo respiro, soffio e spirito”. Per la verità non è così. In ebraico ci sono tre termini diversi: ruha è lo Spirito, respiro di Dio (quello che aleggiava sulle acque, tanto per intenderci), un altro termine nefesh è il soffio vitale che anima gli essere viventi, mentre nishmat è quello insufflato da Dio nell’uomo, ovvero quello che noi in termini greci e non biblici chiamiamo “anima”
RispondiElimina